Nuovi
Municipi
Newsletter bisettimanale della
Rete del Nuovo Municipio
n. 209, 14 Ottobre 2011
CONSIDERAZIONI INATTUALI; SU DOMANI
Il testo che vi segnaliamo (e riportiamo di seguito) per la nostra "storia di copertina" di oggi è decisamente datato: si tratta di un articolo - firmato da Giuseppe De Marzo, portavoce dei nostri partners di A Sud - che, sul Manifesto del 23 Settembre, tracciava le linee programmatiche dell'assemblea prevista per il giorno successivo in preparazione alla manifestazione mondiale di domani. Lo abbiamo scelto non solo per l'ampiezza, la solidità e l'eccellenza delle argomentazioni, che vedono limpidamente i nessi strutturali nascosti dietro alle frottole mediatiche; ma perché ci fa piacere, nell'imminenza di un evento importante come questa attesa e temuta manifestazione, prendere su di noi un poco di quella inattualità che lo caratterizza - e che rappresenta l'unica via d'uscita plausibile dalla stretta totalitaria e mistificante della logica dell'emergenza. In fondo, è proprio questo quel che stanno facendo gli indignati e le indignate di tutto il mondo in questo preciso momento: stanno staccandosi per un attimo dalla pressione insostenibile delle angosce presenti per cercarne nel passato le cause, nel futuro le risposte. Forse non sarebbe male se anche qualcun altro, certo più in vista di noi, lasciasse perdere per qualche tempo la valanga di dati numerici relativi a spread, bond, future, rating, prime e altre amenità affaristiche per pensare - con la dovuta calma - a cosa sta facendo e a perché lo sta facendo; e soprattutto, nell'interesse di chi.
Mugello sotto/sopra a
Firenze Giovedì prossimo
In Italia, fino dai tempi di Cengio e di
Seveso, lavoro e ambiente, economia e territorio ci sono stati presentati come
i due elementi di un'antinomia strutturale, fra i quali bisognava scegliere; ma
siamo certi che sia proprio così? Un libro sulle grandi opere nel Mugello, che riprende la
ricca tradizione italiana di storie del lavoro e sul lavoro, se lo chiede;
insieme al Nuovo Municipio.
Il 21 a Città di Castello Foreste per la società / la società delle foreste
Per molto tempo, i boschi non hanno
rappresentato molto di più che buchi - più o meno estesi - sulla carta
geografica, qualcosa di simile all'"hic sunt leones" che le mani
eurocentriche dei compilatori medioevali riservavano all'Africa nera; oggi si
riscopre la loro insostituibile funzione di presidio della bio-diversità e della sostenibilità: sociale ed economica, oltre che ambientale.
A Pisa, il 28 e 29 Ottobre,
Fabbricando case nel tempo della crisi
Forse pochi vi hanno fatto caso, ma il
settore in cui nel 2008 ha avuto origine la crisi globale è proprio quello
immobiliare: un settore pieno di contraddizioni che sembrano insanabili, ma
tutte in realtà riconducibili a precise volontà politiche e a un modo
affaristico e rapace d'intendere il territorio e l'abitare; un convegno
col Nuovo Municipio ne cerca il centro - e prova a spostarlo.
Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori: tutti a Cassinetta di
Lugagnano il 29
Visti per secoli come supporti
indifferenziati alle attività umane, quando non come teatro di uno sfruttamento
a oltranza, solo da poco il paesaggio e il territorio vengono riscoperti come
fonti di ricchezza durevole e condivisa, l'unica a cui attingere per uscire
dalla crisi: la prima assemblea nazionale di un movimento vasto e trasversale - ma non
per questo apolitico - suggerisce come.
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[di Giuseppe De Marzo, portavoce di A Sud, su Il Manifesto
del 22.09.2011]
Sabato a Roma l'assemblea nazionale di Uniti contro la
crisi in vista del 15. E per discutere del ruolo dei movimenti in questa fase.
«O hacemos esto o lo pagaremos tod@s»: questo il messaggio lanciato dalle
piazze spagnole
«O hacemos esto o lo pagaremos tod@s». Questo il messaggio lanciato dalle
piazze spagnole di questi ultimi giorni. O scendiamo in piazza e proviamo a costruire
una vera democrazia, o le conseguenze della crisi ed il fallimento di questo
modello di sviluppo le pagheremo tutti e tutte. Da questa consapevolezza nasce
e cresce il percorso che porterà il 15 ottobre a riempire le piazze di tutta
Europa. Oltre alla naturale indignazione rispetto a tutto quello che di
negativo avviene in Europa, come nel resto del mondo, il messaggio contiene elementi
di consapevolezza nuova e discontinuità rispetto al passato.
La critica
contenuta non è parziale né indirizzata verso un pezzo del sistema di cui si
chiede la riforma: la critica è rivolta a tutto il sistema (modello
capitalista) ed alla struttura (democrazia rappresentativa) nel suo complesso.
Si denuncia come questa crisi sia sistemica e strutturale, non congiunturale
come i poteri forti vorrebbero far credere. In egual misura ed allo stesso
tempo si comprendono i limiti di una democrazia rappresentativa che nella
migliore delle ipotesi è inadeguata, nelle peggiori si fa addirittura
interprete dei disegni e delle infauste misure chieste dalla governance
mondiale (Bce, Fmi, Wto, grandi multinazionali, Bm, ecc..). Non c'è
l'aspirazione velleitaria di organizzare l'indignazione ma la consapevolezza di
poter uscire dalla crisi solo attraverso una maggiore partecipazione; allo stesso modo non si vuole essere collaterali o
fare da stampella a ciò che rimane della democrazia rappresentativa.
C'è dunque
una qualità diversa nella sostanza dei movimenti che si apprestano a riempire
le principali piazza europee il prossimo 15 ottobre. Di questo parleremo nella
mattinata del 24 settembre a Roma, presso l'ex cinema Palazzo nel quartiere di
San Lorenzo, durante l'assemblea convocata da Uniti contro la crisi ed aperta a tutti i soggetti che condividono
la necessità e l'urgenza di costruire l'alternativa a questo modello. Un
percorso lanciato circa un anno fa che ha trovato nelle lotte dei lavoratori,
delle donne, dei comitati territoriali, per la difesa dei beni comuni e del
diritto allo studio il punto di convergenza. Oggi la dinamica va allargata ed è
in discussione la qualità stessa ed il ruolo dei movimenti in questa fase nuova
della storia segnata dalla crisi irreversibile del modello capitalista e dallo
sconvolgimento dei cicli naturali. Due questioni strettamente legate: la crisi
economica e le misure proposte non solo hanno esiti catastrofici da un punto di
vista sociale (come dimostrato dalle manovre di questi ultimi anni e dai dati
sull'impoverimento) ma aumentano la crisi ecologica e, riducendo la biodiversità,
restringono gli spazi di sopravvivenza per tutti e tutte. Meno spazio
bioriproduttivo si traduce in più egoismo e maggiore esclusione sociale nella matrice
valoriale capitalista. Un circolo vizioso destinato all'implosione.
Come
uscirne e quale sarà la conclusione di questa crisi? Che tipo di società
prenderà forma alla fine della contrapposizione tra democrazia e oligarchia? Il
rischio, in assenza di una spinta forte e contrapposta a quella che punta allo
svuotamento della res pubblica, è quello di assistere alla nascita di un nuovo
fascismo che pretenda di rimpiazzare le macerie della democrazia. Mettere in
campo un pensiero lungo capace di rispondere in maniera interdisciplinare ed
interconnessa agli obiettivi di breve, medio e lungo periodo è invece la sfida
a cui dobbiamo rispondere. Scavare bene la traccia affinché l'albero del
cambiamento abbia radici solide e profonde, così da consentirne la crescita in
tutta la sua estensione.
Trenta
anni di neoliberismo hanno reso evidente l'esclusione massiccia del lavoro,
l'erosione dei salari e dei diritti sociali, la concentrazione sempre maggiore
della ricchezza in poche mani, la ferocia della competizione nel mercato
globale, la distruzione ambientale, l'inquinamento planetario diffuso e gli
sconvolgimenti climatici. Un'ingiustizia globale alla quale è possibile
rispondere solo se si creano le condizioni per un clima di giustizia.
Da trenta
anni, quindi, stanno obbligando diverse generazioni a contare all'indietro
invece che in avanti. Considerando infatti che investimenti e profitti sono
disgiunti da occupazione e qualità del lavoro, abbiamo bisogno di una radicale
inversione dei processi produttivi se vogliamo garantire reddito, salvaguardia
dell'ambiente e delle condizioni di riproduzione della vita. Abbiamo bisogno di
una III Rivoluzione Industriale che introduca l'era del Sole per ciò che
riguarda le fonti, e sia organizzata attraverso il decentramento e la
partecipazione per ciò che riguarda le forme e le pratiche di produzione e
consumo. Qui non si tratta più di cambiare marcia per favorire la crescita ma
di cambiare rotta per garantire l'accesso ai diritti basici fondamentali e
ripristinare una relazione virtuosa tra essere umano e vita nel suo complesso.
Il tutto a partire dall'elemento che rappresenta il centro da cui far partire
il riscatto: la partecipazione.
Proprio
perché abbiamo bisogno di un approccio plurale per ribaltare la crisi, è la partecipazione
l'elemento fondamentale che garantisce lo sviluppo e la coesione del paese. Ma
come dicevamo in precedenza, i movimenti che il 15 ottobre scenderanno in
piazza sono consapevoli del fatto che difficilmente le attuali classi politiche
assumeranno la necessità del cambiamento come obiettivo. Sarebbe velleitario
immaginare un'insubordinazione delle forze progressiste del parlamento europeo
contro la politica di austerità imposta dalla Bce. La partita invece rimane
aperta a livello locale, grazie all'impulso che i movimenti ed i nuovi soggetti
nati sui territori sono in grado di dare attraverso la democrazia partecipata e
comunitaria. È lì che si possono ricongiungere ed esprimersi al meglio i nessi
con la democrazia di prossimità, le amministrazioni locali.
La
privatizzazione dei servizi pubblici attuata dalla manovra finanziaria deve
essere contrastata anche in tal senso, perché restringe il campo dell'azione
dei movimenti e della società civile, cancellando il terreno di ricostruzione
democratica dove la sfida rimane aperta, come dimostra la vittoria referendaria
sull'acqua. È quello il terreno dove democrazia partecipata e comunitaria si
possono incontrare, restituendo senso al paradigma diritti/responsabilità che
individua il legame indissolubile di una comunità di destino. Anche su questo
il 24 settembre proveremo a discutere con gli amministratori che nei territori
sono costretti a subire i tagli del governo, rischiando di non essere più in
grado di rispondere alle esigenze immediate dei cittadini. Difesa dei beni
comuni, terza rivoluzione industriale, reddito di cittadinanza, nuova
istituzionalità sociale: sono queste le alternative che mettiamo in campo per
rispondere alla crisi in Italia ed in Europa. È questo il nostro contributo
alla giornata del 15 ottobre ed alla prospettiva che dal giorno dopo saremo
chiamati a perseguire.