Nuovi
Municipi
Newsletter settimanale della Rete
del Nuovo Municipio
n. 179, 4 Giugno 2010
Quella sulla natura pubblica o privata dell'acqua è una di quelle dispute che i media (anche quando non compiacenti o interessati, come purtroppo accade assai spesso in Italia) hanno facile gioco a qualificare come "ideologiche": sembra che si confrontino in essa due "massimi sistemi del mondo" perfettamente antitetici, l'uno attaccato alla logica del profitto quanto l'altro lo è a una di servizio, l'uno che vede la dimensione pubblica come un inefficiente Moloch da tenere a bada il più possibile, l'altro che gli attribuisce una insostituibile funzione di garanzia di equità e regolarità, l'uno per farla breve amico del mercato, l'altro dello Stato. Visto in questi termini, il nodo sembra piuttosto insolubile: ciascuno dei due "sistemi" segue infatti con perfetta coerenza la sua logica interna, e si distingue dall'altro solo quanto ai punti di partenza - assiomatici e, come tali, indimostrabili. A ben guardare, però, i contenuti della contesa non si esauriscono affatto in questa questione di principio, ma comprendono tutta una serie di ragguardevoli corollari sui quali forse, oltre ad assumere una posizione, possiamo anche azzardarci a ragionare.
Cominciamo dalla vexata quaestio dell'efficienza. Il servizio idrico pubblico, si sostiene, è un carrozzone fatiscente in cui a malversazioni fisiche se ne alternano altre figurate, e a nessuno importa nulla del rendimento; l'aziendalizzazione che consegue dall'alienazione ai privati non potrebbe che introdurre una filosofia gestionale improntata a razionalizzazione dei costi e massimizzazione della produttività, con benefici effetti per proprietà, management e utenza. Al livello puramente congetturale un argomento come questo potrebbe anche tornare; peccato che esso sia del tutto incompatibile con i risultati di una ricerca condotta qualche anno fa proprio dal Nuovo Municipio, ora contenuta nel volume dal titolo - assolutamente eloquente - "15 anni dopo: pubblico è meglio". E questi sono dati di fatto, non materia di disputa ideologica.
Veniamo poi all'argomento della cassa, ovvero della "boccata d'ossigeno" che l'alienazione consentirebbe ai bilanci di Enti locali in permanente crisi economico-finanziaria: con essa l'Ente pubblico baratterebbe quello che, a patto di razionalizzazioni e investimenti, potrebbe diventare un cespite durevole, con un introito riscosso una tantum, buono sì e no per risanare 3 o 4 annualità di bilancio al termine delle quali il problema del deficit si riproporrebbe esattamente negli stessi termini di adesso. Senza contare che l'aumento delle tariffe dovuto alla privatizzazione aggraverebbe (e non di poco) le condizioni degli utenti i quali, tornati cittadini, ripagherebbero il Comune con una aumentata richiesta di servizi a fronte di una ridotta capacità contributiva. Risultato: come prima, peggio di prima; e anche questi sono dati di fatto.
Infine l'argomento più bislacco, ossia quello del rilancio dell'occupazione, quindi del reddito, quindi dei consumi - e quindi in generale dell'economia - che conseguirebbe all'apertura di un business di vasta scala su un terreno "vergine" come quello dell'acqua. Questo, che (con i suoi innumerevoli precedenti) a noi pare anche il lato più pericoloso dell'argomentazione, per fortuna contiene già dentro di sé la sua confutazione: chi trae il maggior profitto dalla privatizzazione è, infatti, il soggetto a vantaggio del quale essa viene disposta; e quand'anche il lavoratore coinvolto ne godesse dei frutti, per giunta transitori e contenuti, egli si vedrebbe in ogni modo privato in perpetuo - nella sua qualità di cittadino - della possibilità di valorizzare a fini collettivi un bene patrimoniale alienato tutto in un sol colpo. Non è anche questo un dato di fatto?
Capiamo forse, a questo punto, che in gioco non sono due opposte filosofie di pari dignità, ma i presupposti teorici di pratiche, strutturalmente differenti, soltanto una delle quali risponde ai principi di democrazia e bene comune sanciti nel diritto internazionale e nella nostra Costituzione: l'altra è solo la veste togata che copre l'abituale rapacità del privato nei confronti del patrimonio collettivo. E che l'opposizione fra le due pratiche non riguarda soltanto l'acqua, e nemmeno soltanto la gestione dei beni comuni o dei servizi "essenziali": il loro discrimine corre infatti tra capacità di autogoverno reale delle comunità locali e soggiacenza passiva a logiche sovradeterminate e per nulla pertinenti al tema; tra il possesso e l'esercizio di un potere reale di gestione del proprio futuro, da parte di quelle comunità e dei loro rappresentanti, e l'abdicazione in favore di poteri precostituiti ed esterni alla dialettica politica e civile; infine, tra l'affermazione di una forma di razionalità collettiva e previdente, capace di programmare nel lungo periodo in vista di interessi e fini condivisi, ed il piegarsi a ragioni che di ragionevole non hanno proprio nulla - eccetto forse per chi, guarda caso, le propugna con veemenza degna di miglior causa.
Sono questi i motivi per cui crediamo non soltanto doveroso ma (logicamente, filosoficamente e praticamente) inevitabile offrire il sostegno dei Nuovi Municipi a chi, in queste ore e in questi luoghi, sta mettendo in campo un tentativo intelligente, articolato e concertato di invalidare lo sciagurato quadro normativo che sostiene e forza il ricorso alla privatizzazione dell'acqua: tre quesiti referendari da sottoscrivere immediatamente - come hanno (abbiamo) già fatto in ottocentomila - per scongiurare un furto legalizzato, perpetrato ai danni di tutti, contrario a diritto, democrazia e ragione. Come le finanze dei nostri Comuni, tutti quanti abbiamo ormai l'acqua alla gola: è giunta l'ora di riprendercela.
Dal
decentramento alla partecipazione: in corso a Modena "ViaPerVia"
A margine del
nostro convegno aretino sul decentramento, tutto un fiorire di iniziative segnala
l'interesse delle Amministrazioni a recuperarne l'eredità positiva in termini
di apertura dei processi decisionali. Questo percorso partecipativo, attivato nelle Circoscrizioni del Comune di
Modena, vuole sollecitare microprogetti territoriali per promuovere democrazia
reale e inclusione sociale.
Parte Lunedì nel Senese
il Footprint Forum 2010
Per anni pensato soltanto come immagine
suggestiva, l'indice dell'impronta ecologica può ora (e deve) trasformarsi in
uno strumento di analisi tanto potente da favorire la brusca sterzata nelle
politiche economiche sociali e ambientali che la crisi ha reso quanto mai
urgente. Sei giorni di incontri, dibattiti e seminari ad altissimo livello la
disegnano come strada perfettamente praticabile.
Consumo consapevole e
sostenibilità ambientale fino all'11 a San Salvatore Telesino
Mentre Governi e organizzazioni
internazionali studiano accanitamente come riattivare una spirale dei consumi
che soltanto loro considerano "virtuosa", in un piccolo ma combattivo
Comune del Beneventano ci si interroga,
con piglio neomunicipalista, su come trasformare il consumo da pratica di
distruzione globale in momento qualificante nella (ri)nascita della
sostenibilità locale.
Dal 10 a Getafe il Secondo Forum mondiale delle
Autorità Locali delle Periferie
Una strana sorte accomuna le parole
"periferico" e "locale": per decenni usate come semplici
limitativi del peso dei sostantivi che accompagnavano, ora se ne riscopre
l'anima positiva, che allude ad alternative di sistema - obiettivo del grande appuntamento madrileno - pronte a proliferare sulla scala
globale a partire proprio dalla loro subalternità; nella speranza che non
sia già troppo tardi.
Dal 7 all'11 Luglio valutazione e
partecipazione come cultura a Sovicille
Se valutare è cosa che facciamo ogni
giorno, è raro che questo sottostia a regole certe, e anche che investa
politiche e azioni che, per fortuna o per sfortuna, sfuggono ai parametri
"classici" del profitto: vicino Siena una scuola estiva
a cavallo «tra partecipazione, impatto sociale a valore sociale aggiunto»
rilancia la valutazione come metodo scientifico - e come atteggiamento
politico.
Il Nuovo Municipio "ci mette la
faccia"
Il web 2.0 non serve solo per far
chiacchiere o curiosare nelle case altrui, ma anche a dare visibilità e
capacità di interazione creativa a gruppi ed eventi che, senza di esso,
resterebbero confinati nelle nicchie anguste e sterilizzanti dell'incontro
casuale. Esattamente un anno fa, anche la Rete si è dotata di questo strumento:
venite a trovarci su FaceBook, c'è da sentirne (e da dirne) delle
belle.
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