Nuovi Municipi

Newsletter settimanale della Rete del Nuovo Municipio

n. 144, 3 Luglio 2009

www.nuovomunicipio.org

 

 

DI CHE COLORE SONO I NUOVI MUNICIPI?

 

Lo dicevamo qualche giorno fa, i recenti risultati elettorali hanno ingenerato una diffusa sfiducia in chi lavora per il cambiamento, la partecipazione e la democrazia dal basso: la caduta di alcune Amministrazioni che erano giunte, negli anni, a rappresentare un caposaldo della democrazia partecipativa, in particolare, apre interrogativi di carattere sia pratico sia più in generale strategico, su chi, come e quando si debba considerare interlocutore d'elezione della galassia di pratiche e proposte orbitante intorno al tema. Se però proviamo ad allargare lo sguardo, magari oltre l'Italia e anche l'Europa, una constatazione salta immediatamente agli occhi: i percorsi partecipativi, locali e sovralocali, non sempre e non necessariamente sono legati all'azione di Amministrazioni che saremmo inclini a definire "progressiste"; così come non è affatto detto in partenza che simili quadri istituzionali siano sensibili al tema della partecipazione come tale - e, ancor di più, che siano in grado di accogliere coerentemente, all'interno della propria azione politica, i suoi principi e le sue forme. È quello di cui ci parla l'articolo - di Giovanni Allegretti, che ringraziamo per avercelo inviato dal Portogallo - cui oggi dedichiamo la nostra settimanale rassegna di buone pratiche neomunicipaliste: si tratta di una survey ad ampio spettro - già pubblicata qualche tempo fa su L'Altro e che trovate in calce e sul nostro web - sullo "stato dell'arte" mondiale della pratica principe di quella galassia, il Bilancio Partecipativo nato ormai tanto tempo fa a Porto Alegre; e ci fa notare come, con indifferenza suprema verso la nostra comprensione, la realtà si discosti in più modi e in più punti da un quadro di attese sovente preconfezionato, e che non ha altra giustificazione se non la semplificazione consuetudinaria che induce. Il sindaco gollista fanatico di Che Guevara è solo una delle tante sorprese che la sua lettura ci riserva, insieme ad una massa decisamente congrua di informazioni inedite e del massimo interesse sugli scenari geopolitici reali della partecipazione; ma noi speriamo che, a partire dall'Italia, la realtà che sta dietro a questo racconto si riveli in futuro ancor più sorprendente: del resto, chi ha detto che le sorprese debbano essere sempre e solo di segno negativo? Buona lettura - e buona partecipazione - a tutte e a tutti.

 

L'articolo riportato in calce è di Giovanni Allegretti, Ricercatore del Centro di Studi Sociali dell'Università di Coimbra (Portogallo) e co-redattore della Carta del Nuovo Municipio.

 

 

Domani a Vicenza la Festa dell'Indipendenza: (d)alla Base Dal Molin
Lo dicevamo anni fa, "
Non è su queste Basi" che si costruirà la democrazia e la pace; ora il 4 Luglio, Independence Day, chi si oppone all'ampliamento della Base USAF di Vicenza dichiara - in una grande manifestazione - una nuova Indipendenza: stavolta quella dalla subordinazione di integrità territoriale e sovranità locale a ragioni di finta geo-politica - e di vera sopraffazione.

Un Forum pubblico per la ricostruzione sociale Martedì all'Aquila
Dopo i terremoti del 6 Aprile e della crisi globale, non solo quello Aquilano ma tutti i territori reclamano una ricostruzione socialmente condivisa che, oltre a tirar su le case, ridefinisca le regole della vita civile secondo coscienza ecologica e tutela dei patrimoni comuni: il Nuovo Municipio co-promuove sul posto un
Forum interattivo per far (ri)nascere il progetto anche nell'emergenza.

 

Nuova agricoltura, territorio, consumo sostenibile, coesione sociale: convegno il 7 a Vimercate

Una delle evidenze più certe, nei nuovi assetti economici mondiali, è la necessità di riattribuire un ruolo centrale all'agricoltura, settore negletto dal capitalismo rampante e che solo ora recupera funzioni che vanno dal presidio ambientale e territoriale allo stimolo per le nuove economie. Se ne parla, nel Milanese, in un convegno a cavallo fra locale e globale.

 

Al via Mercoledì il VII Meeting di San Rossore fra scienza e pace
"La scienza motore dello sviluppo, la pace motore del mondo": è questo il tema programmatico di una nuova edizione del
meeting internazionale, organizzato dalla Regione Toscana, che disegna nuove "visioni globali" come realizzazione e inveramento delle istanze locali, all'interno di una prospettiva che - stavolta più che mai - somiglia a quella del Nuovo Municipio.

 

Una settimana per progettare un territorio condiviso: a San Cassiano di Lecce dal 25
La riprogettazione partecipata di un pezzo di città è cosa oramai abituale, da quando la partecipazione è all'ordine del giorno; ma che succede quando queste azioni vertono su aree vaste, come quella detta dei "Paduli"? Che ci offrano la chiave per ri-formare i rapporti città/campagna - e con essi il modello di "sviluppo" che li ha generati? Risposte possibili in questa
settimana interattiva.

 

A Roma l'"Altra Domenica" diventa "Altra Estate"
Si estende camaleonticamente a
tutti i giorni dell'estate incipiente il ciclo che, a partire dalla terza Domenica di ogni mese, prova a restituire alla produzione e allo scambio una dimensione concreta e una natura cooperativa per mostrare, nella cittadella che ne porta il nome, come l'economia "altra" goda di salute assai migliore della sua controparte tradizionale.

Il Nuovo Municipio "ci mette la faccia"
Il "web 2.0" non serve solo per chiacchierare o curiosare nelle case altrui, ma anche a dare visibilità e capacità di interazione creativa a gruppi ed eventi che, senza di esso, resterebbero confinati nelle nicchie anguste e sterilizzanti dell'incontro casuale. Anche la Rete si è ora dotata di questo strumento:
venite a trovarci su "FaceBook", c'è da sentirne - e da dirne - delle belle.

 

"La Partecipazione in Comune": partito il premio della Rete per le buone pratiche locali
È un'idea che accarezziamo da diversi anni, quella di istituire un premio per quanti - alle diverse scale locali - lavorano alla promozione e alla costruzione della democrazia partecipativa: un premio non celebrativo ma propositivo, non alla memoria ma alla pratica; finalmente, pare che quest'anno ci siamo riusciti: tutti i dettagli sono nella nostra pagina delle news.

 

 

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Il BP deve fare i conti con la volontà dell'amministrazione di cedere realmente sovranità sulle decisioni. La partecipazione non può essere usata solo per guadagnare consenso

 

CHE FINE HANNO FATTO I BILANCI PARTECIPATIVI?

Vivono, si moltiplicano, si annacquano, ma nel complesso sono in buona salute. Soprattutto cresce l'interesse nella letteratura e nei movimenti urbani a diverse latitudini

 

di Giovanni Allegretti

 

L'acronimo più usato è BP, ovvero "Bilancio Partecipativo". Fino al 2001 l'espressione comunicava poco in ambito europeo, ma dal primo Forum Sociale Mondiale tenutosi nella città brasiliana di Porto Alegre ha iniziato a diventare quasi una "parola d'ordine" per molti cittadini desiderosi di un rinnovamento del rapporto con le istituzioni, e alcune amministrazioni locali se ne sono appropriate.

Il "bilancio partecipativo" è, infatti, un tipo di percorso partecipativo in cui gli abitanti di un territorio sono chiamati a partecipare alle decisioni sulle priorità di spesa di un bilancio che li riguarda. La definizione è generica, perché non si tratta di un "modello" predefinito, ma di un insieme di principi che possono assumere forma diversa e applicarsi ad uno o più settori di spesa di un Comune o di una Regione, al bilancio di un'azienda che fornisce servizi alla persona, o (come in alcune fabbriche argentine recuperate dai loro lavoratori) alle risorse di un'impresa.

Oggi che in Europa esistono oltre 200 esperienze di Bilancio Partecipativo, e che numerose città africane, canadesi e asiatiche delineano un panorama interessante di esperienze da far conoscere, vale la pena domandarsi quali modelli di governo territoriale tali esempi propongono, e quale grado di radicalità riescono ad esprimere. Soprattutto in Italia, dove le recenti elezioni amministrative rischiano di alterare il panorama numericamente più vasto dell'intera Unione Europea.

 

Uno spostamento d'area politica?

Infatti, negli ultimi 2 anni, in Europa ha preso corpo un fenomeno che già il Brasile ha conosciuto all'inizio del millennio: la nascita di Bilanci Partecipativi in amministrazioni di centrodestra. È il segnale - da un lato - di una necessità avvertita da più parti di rinnovare i modi di fare politica, che trasporta la partecipazione da un terreno ideologico legato alle sinistre ad un nuovo modello di "governance" dove diviene parola d'ordine un po' neutra e scolorita, usata da tutti. Dall'altro può essere il segnale di allarme di una strumentalizzazione di quello che Yves Sintomer e Loic Blondiaux (i maggiori esperti francesi sul tema) hanno chiamato "l'imperativo partecipativo". In tale prospettiva "utilitarista", da cui non sono immuni anche molte Amministrazioni di sinistra, la partecipazione non si fa davvero, ma diviene elemento di discorso e di ripulitura dell'immagine. E il Bilancio Partecipativo con essa.

In Spagna, oggi, si contano 3 bilanci partecipativi legati al Partito Popolare (l'unico interessante, ancorché totalmente digitale, è quello del Comune di Malaga), ma sono l'Inghilterra e la Germania a primeggiare

in questa classifica. A dire il vero, in entrambi i casi, si tratta di BP anomali. In Germania, i primi Bilanci Partecipativi nascono intorno al 1999 su stimolo del Land della Renania del Nord-Westfalia, e sono forme di consultazione sulle finanze, che utilizzano strumenti come l'estrazione a sorte degli abitanti, e hanno valore consultivo, anche se i Comuni si impegnano a dare sempre una risposta chiara sul perché hanno eventualmente ignorato i suggerimenti degli abitanti. Se fino al 2005 il 50% dei bilanci partecipativi tedeschi era realizzato in città governate dalla CDU, a partire da questa data nasce però una nuova generazione di processi più "politicizzati", che guardano alle esperienze sudamericane, e che contagiano soprattutto alcuni Distretti di Berlino e Comuni della regione dell'Assia. Dal 2008 Colonia - con il suo milione di abitanti - diventa il maggiore Comune europeo ad avere un BP di ampia portata.

In Inghilterra, invece, sia i laburisti che i liberali hanno innestato i Bilanci Partecipativi sulla tradizione locale del "community development". Ovvero, in un Paese dove le autorità politiche locali contano poco (a parte il sindaco di Londra, che ha poteri metropolitani speciali), lo Stato distribuisce fondi per la gestione dei servizi e il recupero dei quartieri degradati direttamente a gruppi di cittadini organizzati intorno alle strutture di quartiere, e alcuni di questi utilizzano principi e metodi legati al bilancio partecipativo. Capita oggi in 22 città, tra cui Manchester, Newcastle, Harrows e Salford. Si tratta di esperimenti di piccolo cabotaggio, ma dove i cittadini hanno realmente un peso decisionale nella gerarchizzazione degli investimenti necessari a migliorare la qualità della vita. In Inghilterra, il BP è stato oggetto persino di un piano di moltiplicazione delle esperienze da parte del Governo nazionale, che nel "Libro Bianco sulla Governance" del 2006 e 2008 ne ha previsto la graduale estensione a tutti i Comuni, creando un'apposita "Task Force" che svolge formazione e assistenza, promuovendo scambi orizzontali a rete in tutto il Paese. Purtroppo, le recenti dimissioni del ministro delle Comunità Locali, Hazel Blears, lasciano un'incognita per il futuro di questa diffusione a macchia d'olio oltre-Manica.

In altri Paesi d'Europa, comunque, i Bilanci Partecipativi restano principalmente legati alle sperimentazioni della sinistra. È ciò che accade nella maggioranza degli 11 casi di Bilancio Partecipativo francesi (eccetto l'esperimento tentato a Saint Paul, nell'Isola di Rèunion, da un anomalo sindaco gollista che nel suo blog inneggia al Che Guevara e agli Zapatisti). Anche in Portogallo oggi si contano una ventina di esperienze, in maggioranza legate alla coalizione verdecomunista (i casi più antichi sono i Comuni dell'area metropolitana della capitale: Palmela, Sesimbra, Alcochete e il Municipio lisboeta di Carnide) e alcune innovative di area socialista. Tra queste Odivelas e São Bras de Alportel, città rurale dell'Algarve che ha il caso europeo più avanzato di "Bilancio Partecipativo dei Giovani" (realizzato in tutte le scuole del Comune con risultati emozionanti) e la stessa Lisbona, la prima capitale europea che nel 2008 ha "concesso" ai cittadini di decidere su 5 milioni di euro, usati soprattutto per costruire piste ciclabili in una città senza nessuna tradizione in tal senso. Il 19 e 20 Giugno si è svolto proprio a Lisbona il Terzo Incontro Nazionale dei Bilanci Partecipativi Portoghesi, dove tutte le città sperimentatrici si incontreranno - come ogni anno - per scambiare idee e informazioni sui loro percorsi: gli invitati d'onore vengono da altre "reti nazionali" che si sono formate in molti Paesi (Brasile, Colombia, Argentina, Perù) e soprattutto dalla Spagna, che conta le maggiori città d'Europa (Cordoba, Siviglia, Albacete, San Sebastian) che realizzano esperienze di BP co-decisionali, dove i regolamenti sono scritti e rivisti annualmente dagli stessi cittadini, nella convinzione che "le regole del gioco" debbano essere lasciate all'autorganizzazione sociale.

In Spagna, il sindaco comunista di Getafe (città della periferia di Madrid) è da poco divenuto Presidente della Federazione Spagnola dei Municipi, e come primo atto ha aperto un Gruppo di Lavoro nazionale sui Bilanci Partecipativi. Anche la Provincia di Malaga ha aperto un apposito Ufficio che forma e sostiene i BP di una quindicina di Comuni (specie piccoli e rurali), mentre la Provincia di Barcellona ha costruito un Gruppo di Riflessione per 11 Comuni catalani sperimentatori, guidato da Ismael Blanco, giovane ricercatore dell'Università Autonoma che è tra i maggiori esperti internazionali di BP.

 

Cambi di scala: dalla Svezia all'Italia

Il fenomeno delle reti e quello del "salto di scala" (ossia dell'appoggio diretto offerto da Province e Regioni alla sperimentazione del Bilancio Partecipativo) si saldano nell'esperienza svedese. Qui la SKL (l'Associazione Nazionale dei Comuni e delle Regioni) da un anno promuove una rete di 5 Comuni sperimentatori, a cui offre consulenze e occasioni di incontro. A Settembre un'altra decina di Municipi si uniranno alla sperimentazione in occasione di un convegno intitolato "I Bilanci Partecipativi come antidoto agli effetti della crisi economica".

In Italia, l'ANCI non si è mai interessata ai BP, ma in compenso la Legautonomie e associazioni di movimento (come la Rete del Nuovo Municipio) l'hanno sposato come una delle possibili forme di rinnovamento della democrazia locale. In Emilia Romagna sono nate forme di "rete" dei principali comuni oggi impegnati a sperimentare, in stretto rapporto con le loro strutture circoscrizionali: Modena e Reggio Emilia, ma anche le più piccole Novellara e Nonantola, e dall'anno scorso Parma. In altri casi vi è stato un supporto "dall'alto" a esperienze autorganizzatesi a partire dal locale. Ad esempio, la Provincia di Milano ha sostenuto alcuni esperimenti (Paderno Dugnano, Cinisello, Locate Triulzi, Vimodrone) e anche la scomparsa della sperimentazione di Pieve Emanuele non ha impedito ai Bilanci Partecipativi di continuare a svilupparsi nell'area metropolitana milanese, grazie anche all'esperienza acquisita dai giovani della Cooperativa Mesaverde e all'azione del Centro Studi per la Democrazia Partecipativa. Ma è soprattutto la Regione Lazio che dal 2005 va promuovendo con impegno il concetto di Bilancio Partecipativo, impegnandosi su due fronti: offrire stimoli allo sviluppo delle pratiche partecipative in ambito comunale e agire sulle proprie competenze per sviluppare una cultura della trasparenza e del coinvolgimento cittadino. L'Assessore Luigi Nieri ha cercato di formalizzare questo impegno per via legislativa, coinvolgendo il Consiglio Regionale in una modifica delle regole di redazione del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria. E così in un centinaio di Comuni come Frosinone, Monterotondo, Tivoli, Priverno, Sora o Fondi (alcuni guidati dal centrodestra) hanno preso forma nell'ultimo biennio nuovi percorsi ibridi, con casi di grande interesse come quello del minuscolo municipio di Borbona che per il 2009 ha aumentato le risorse dedicate alla co-decisione con i cittadini grazie a risparmi sull'illuminazione pubblica dovuti alla costruzione di un sistema fotovoltaico appoggiato da fondi regionali.

Il percorso della Regione Lazio è risultato un importante appoggio specie per i Municipi romani che - avendo un bilancio derivato - hanno serie difficoltà a contrarre con i cittadini impegni vincolanti nell'ambito del Bilancio Partecipativo. Il Municipio XI, pioniere della sperimentazione italiana a livello sub-municipale, è un ottimo esempio del coraggio e delle difficoltà che toccano i Municipi e le Circoscrizioni che tentano di compiere autonomamente un percorso di BP. Non è un caso che alcuni esperimenti (come quelli di 3 Municipalità veneziane nel 2004) siano morti prematuramente per non aver saputo risolvere le contraddizioni e i limiti che affliggono i livelli di decentramento infra-comunale in Italia.

 

Quale bilancio dei Bilanci Partecipativi?

Non è facile oggi distinguere tra un Bilancio Partecipativo ed un'imitazione "spuria". Anche perché molti processi esistenti hanno carattere incrementale e si trasformano, evolvendo di anno in anno. Il Centro Marc Bloch di Berlino nel 2005 ha cercato di definire alcuni criteri per "riconoscere" e distinguere i BP europei da altre esperienze partecipative: (1) La dimensione contabile e/o economico-finanziaria deve essere esplicitamente discussa. (2) Se realizzato a scala comunale un bilancio partecipativo deve riferirsi all'intera città (o almeno al territorio di riferimento di un'istituzione del decentramento inframunicipale avente un'assemblea elettiva) mentre la microscala di quartiere non è di per sé sufficiente. (3) Il processo partecipativo deve reiterarsi nel tempo: singole riunioni o referendum puntuali organizzati una tantum sui temi del bilancio o della programmazione finanziaria sono iniziative ricorrenti in diversi Paesi, ma non costituiscono dei bilanci partecipativi veri e propri. (4) Il processo deve includere alcune forme di deliberazione pubblica all'interno di assemblee o forum specifici. (5) Gli animatori del percorso partecipativo devono rendicontare i risultati raggiunti, non foss'altro che attraverso degli atti pubblici o dei rapporti sugli esiti concreti e sull'iter seguito successivamente all'adozione delle decisioni.

Quante delle esperienze che ognuno di noi conosce rispondono a questi criteri simultaneamente? Il panorama descritto finora illustra dei fermenti, e una carta geografica interattiva dell'Europa che si trasforma velocemente, ad esempio contagiando la Polonia, la Bosnia, l'Albania e altri Paesi dell'ex blocco sovietico dove compaiono le prime esperienze di BP. Indubbiamente, la stretta dipendenza dalla volontà politica delle amministrazioni locali rende molti BP "fragili" e "volatili", oltre che confinati talora in singoli settori o in distretti cittadini dove, teoricamente, si prevedeva appena un "esperimento-pilota" da estendere successivamente a tutto il territorio.

Pochi BP riflettono seriamente sui limiti strutturali delle nostre democrazie locali (eccesso di personalizzazione portato dall'elezione diretta dei sindaci, riduzione del ruolo delle assemblee elettive, assetto inefficiente dell'organizzazione tecnica, eccesso di burocrazia, crisi delle rappresentanze nei tessuti sociali) e non prendano quindi adeguate misure per superarli. Anche in questi casi imperfetti o "difettosi", però, molti BP riescono comunque ad attivare una nuova cultura civica, a dinamizzare le relazioni tra società e istituzioni e a valorizzare i cittadini singoli ad una scala più ampia di quella di quartiere, superando la mera idea di "concertazione" con i gruppi sociali organizzati. Ciò che manca ancora in Europa, e che solo alcuni esempi vanno gradualmente conquistando, è una maggiore articolazione tra BP ed altri strumenti di decisione, programmazione e pianificazione urbana. Inoltre la discussione verte solo sulle "spese" e gli "investimenti" e raramente tocca il tema delle risorse "in entrata". Senza questo "salto di qualità" vi è un rischio concreto che molti BP muoiano per consunzione, soffocati da un quadro di recessione economica che genera tagli e irrigidimenti continui dei bilanci dei territori locali.

 

La democrazia “dal basso” si espande dal Canada all'Africa. In Cina, due convegni internazionali

Cosa accade nel resto del mondo

 

Negli ultimi cinque anni, il concetto di Bilancio Partecipativo ha superato i confini dell'America Latina e dell'Europa per espandersi in altri continenti. Negli Stati Uniti varie città cominciano a prendere a prestito i principi del BP (vedi: www.participatorybudgeting.org), mentre in Canada esistono già tre importanti esperienze consolidate. Si tratta della cittadina di Guelph (in Ontario), del Distretto di Plateau-Mont Royal a Montreal (che nel 2008 ha discusso il 100% degli investimenti con gli abitanti) e della Toronto Community Housing, l'Agenzia per le Case Popolari di Toronto che ogni anno discute con gli affittuari oltre 9 milioni di dollari, ottenendo "un incredibile miglioramento delle relazioni tra vicini e del funzionamento efficace dell'Agenzia" come dichiara pubblicamente il direttore del processo, il manager "illuminato" Steve Floros.

In Africa sono soprattutto alcuni villaggi rurali del Mozambico, del Madagascar e del Senegal (Fissel, Gnagagnao) o città di confine senegalesi e camerunesi (Matam e Bacham) a mettere in piedi processi di BP che valorizzano le energie comunitarie e il ruolo delle donne e dei giovani. In molti casi è la Banca Mondiale (insieme a ONU-Habitat) a realizzare corsi e manuali di formazione per diffondere i principi del Bilancio Partecipativo. Ciò lascia il dubbio di un desiderio di cooptare le esperienze africane per farne soprattutto esempi di "buona gestione" ed "efficacia delle politiche", piuttosto che valorizzare nuove culture civiche e la democratizzazione delle relazioni tra cittadini e autorità elette nell'ambito dei nuovi processi di decentramento sovente "imposti" dai programmi di aggiustamento strutturale. Ciò nonostante, molte delle crescenti esperienze del continente nero mantengono carattere di autonomia sociale e una forte impronta di costruzione "dal basso" delle scelte. A Capo Verde, 5 esperienze-pilota sono nate nel 2009 con l'appoggio dell'UNDP, dell'Associazione dei Comuni, del Ministero e di una cooperazione con ONG e associazioni portoghesi.

In Asia, a parte l'esperienza indiana del Kerala, vanno diffondendosi esperienze di BP (soprattutto in Indonesia e Corea del Sud) il cui obiettivo primario è la lotta alla corruzione, per cui godono dell'appoggio di ONG internazionali come "Transparency International". Un caso molto interessante è la Cina. Qui - proprio per l'assenza di reale democrazia a livelli regionali e nazionali (così come nelle grandi metropoli) - nell'ultimo triennio sono nate almeno 7 esperienze in città di minore dimensione e distretti rurali, che le vivono come reali esperienze di "educazione alla democrazia attraverso la democratizzazione dal basso della decisione", spiega Baogang He, professore cinese che (dall'Australia) collabora alla messa in opera delle esperienze. Una di queste - il quartiere di Zeguo - ha contagiato dopo 2 anni l'intera città di Wenling, lasciando spazio anche agli immigrati interni e ai cittadini analfabeti attraverso spazi di "azione affermativa" che danno loro diritti di cui normalmente sono privi. Ad Agosto, proprio in Cina, sono previsti due convegni internazionali sui Bilanci Partecipativi, organizzati dalla Fondazione Erbert e dall'ONG inglese "The Rights Practice" che si occupa di diritti umani nel Paese. Un terzo è stato organizzato a Shanghai nel Novembre scorso, alla presenza del Sindaco di Porto Alegre, dalla Urban Partners, un'impresa americana che da anni svolge in Cina un lavoro di formazione sui temi del coinvolgimento degli abitanti nella pianificazione urbana.