Prospettive emergenti dalla situazione italiana
Alberto Magnaghi
- Abstract -

0. Il contesto
- Lo sviluppo di processi partecipativi, dei processi di autorganizzazione sociale, dell’associazionismo è una risposta alla crisi del ruolo storico dei partiti di massa nell’aggregazione della domanda sociale, alla crisi della rappresentanza, dello stato-nazione e all’ emergenza del nuovo ruolo dei sistemi locali e sopranazionali;
- ciò ha prodotto la proliferazione di nuovi istituti intermedi fra democrazia delegata e democrazia diretta: diffusione di forme originali di bilancio partecipativo, di agende 21 locali; Contratti di quartiere, Programmi complessi, Conferenze d’area, Consulte specifiche, Piani strategici, Progetti Urban, Urbact, Equal, Patti territoriali, Progetti integrati di sviluppo locale, Piani di sviluppo locale, Gal, Contratti di Fiume, ecc) che configurano, ancora in forme frammentarie e settoriali il densificarsi di reti civiche;
- i movimenti recenti evolvono dal conflitto-rivendicazione alla riconquista dei saperi, alla crescita della autoprogettualità sociale: “agricoltori che ricostruiscono un rapporto di cura con la terra, la qualità alimentare, l’ambiente, il paesaggio e attivano relazioni di scambio conviviale con la città; associazioni femminili che sperimentano simbolici e luoghi comunitari fondati sulla relazione di genere; sindacati che affrontano la ricerca di qualità dei processi produttivi e dei prodotti; associazioni ambientaliste e culturali che praticano forme capillari di difesa e cura dell’ambiente; aggregazioni giovanili che realizzano spazi pubblici e sociali autonomi; movimenti etnici che perseguono il riconoscimento delle identità linguistiche, culturali e territoriali, migranti che costruiscono nuovi spazi di cittadinanza e di scambio multiculturali; imprese produttive e finanziarie a finalità etica, ambientale e sociale; associazioni per l’autoconsumo, il consumo critico e l’acquisto solidale; reti del commercio equo e solidale; ampi settori del volontariato, del lavoro sociale, dei servizi e del lavoro autonomo, che creano reti di scambio non monetario e non mercantile, e cosi via.
Questo multiverso è caratterizzato da componenti sociali ed economiche fra loro molto differenti per collocazione sociale, culturale, geografica, che producono, ognuna nel proprio ambito di interesse e di azione, critica, rifiuto, conflitto, ma anche contemporaneamente riappropriazione diretta di saperi produttivi, costruzione di nuovi simbolici e immaginari; pratiche di vita e di consumo alternative a livello locale e reti solidali a livello globale; inducono di conseguenza crescita di società e identità locale attraverso l’autoriconoscimento solidale, e sedimentano sul territorio frammenti di futuro”.

1. Il federalismo municipale
Le due vie al federalismo: al neocentralismo regionale, alla deriva neostatalista, competitiva ed escludente del federalismo “padano” occorre contrapporre il federalismo municipale solidale di cui le regioni siano espressione: fare società locale, ricostruire cittadinanza e comunità multiculturale, inclusione sociale; affermare la centralità del municipio nella crescita della società locale, di nuove forme della politica per l’autogoverno; scomporre le grandi città (città metropolitane) in piccole municipalità federate; costruire reti di città e di sistemi territoriali locali. Il locale di ordine superiore: circondari, provincie, regione espressioni sussidiarie delle comunità municipali e delle loro reti.
La costruzione del cambiamento delle forme della politica si disloca nei laboratori locali di cittadinanza attiva piuttosto che al centro.
Le radici storiche del federalismo municipale: gli statuti dei comuni medievali, Max Weber, Kropoktin, Cattaneo, Silvio Trentin… Perchè Bossi a Lugano e non Martini?
Il municipalismo come crescita delle peculiarità identitarie, delle differenze, delle unicità culturali e produttive; critica all’universalismo, per una cultura e un mondo di scambi solidali fra differenze, di diritti pluriversali.
Dare corpo operativo, culturale e gestionale alla “Toscana delle Toscane” per valorizzarne i giacimenti patrimoniali plurali con il concorso di tutte le energie sociali.
La cooperazione decentrata, la diplomazia dal basso, le politiche municipali e regionali per la pace.

2. Partecipare alla trasformazione del modello di sviluppo verso l’autosostenibilità
Il municipio, la provincia, la regione come soggetti sussidiari della costruzione di nuovi modelli di sviluppo locale fondati sull’autosostenibilità.
La partecipazione finalizzata a questi percorsi di trasformazione evolve da temi puntuali di conflitto alla pratica socialmente prodotta di modelli di sviluppo fondati sulla valorizzazione dei giacimenti patrimoniali locali: con la riappropriazione dei saperi, il cambiamento degli stili di vita e di consumo, dall’agricoltura all’alimentazione, alla cura dell’ambiente, della città, degli spazi pubblici inclusivi, alla produzione e gestione sociale di beni comuni, alle nuove economie etiche, allo scambio equo e solidale, ai sistemi e reti di scambio locale non monetario, al riconoscimento delle diversità delle culture, delle produzioni e degli stili di vita peculiari ad ogni luogo.
Questa costruzione di mondi locali di vita, produzione e consumo, rende possibile ai municipi e alle loro regioni acquisire maggiore sovranità per tessere fra luoghi del mondo globale reti di scambi solidali e non gerarchici.
Il processo partecipativo finalizzato allo sviluppo locale autosostenibile deve investire tutte le fasi della trasformazione:
- la costruzione di una rappresentazione del patrimonio territoriale locale socialmente condivisa (atlanti del patrimonio). L’autoriconoscimento da parte della società locale dei valori patrimoniali costituisce la pre-condizione per la loro cura, tutela e utilizzo, per produrre ricchezza durevole;
- la definizione delle regole di trasformazione del patrimonio (lo “statuto dei luoghi”della L.R. 1/2005) che definiscano, dal conflitto al patto, giochi a somma positiva per tutti gli attori;
- la costruzione di scenari di futuro che mettano in valore gli elementi patrimoniali tenendo conto delle regole di trasformazione socialmente condivise;
- la aggregazione degli attori sociali, economici, culturali per la gestione degli scenari di futuro condivisi per attivare piani progetti integrati, politiche settoriali e territoriali che assumano come riferimento gli scenari di futuro condivisi.

3. Le costituenti partecipative
La gestione sociale del patrimonio e l’attivazione di economie complesse, sistemiche a base locale richiedono l’organizzazione di processi strutturati di democrazia partecipativa, che riguardino tutte le azioni del processo di trasformazione verso l’autosostenibilità dello sviluppo. Occorre tenere distinti i processi di concertazione istituzionale e sociale dai processi di partecipazione che richiedono condizioni di natura più complessa:
- che non ci sia una sede partecipativa occasionale per ogni dimensione settoriale dei problemi, ma che l’amministrazione locale istituisca una sede unica di partecipazione strutturata, con valore deliberativo, e che abbia carattere continuativo (e non ex post, come ad esempio per le localizzazioni degli inceneritori) per tutte la fasi del processo;
che sia inclusa negli statuti comunali la scelta di attivare nuove forme di democrazia partecipata come regola permanente di governo (costituenti partecipative);
- che la partecipazione non sia una pratica defatigante che riguarda questioni marginali (anche il bilancio partecipativo sulle spese di investimento dei comuni corre questo rischio, in una fase di forte taglio alle disponibilità di bilancio), ma che affronti a tutto campo le trasformazioni del modello locale di sviluppo verso scenari di futuro socialmente condivisi;
- che l’istituto partecipativo sia articolabile, anche variando la composizione degli attori per i singoli progetti integrati, ma senza perdere l’unitarietà complessiva del processo;
- che sia offerta ai partecipanti l’occasione di intervenire su una politica ancora da definirsi (non chiamandoli a risolvere i conflitti nell’applicare una politica già pre-definita);
- che sia data loro la possibilità di essere protagonisti: pur essendovi la necessità di strutturare i processi di partecipazione, dando ad essi regole di funzionamento e tempi certi di lavoro, è opportuno che gli attori “iniziatori del processo” si assumano soltanto il compito di garanti del processo di partecipazione e delle sue modalità di svolgimento;
- che siano assegnate risorse specifiche ai processi partecipativi. Perché i progetti potenziali generatori di conflitti costano generalmente cifre rilevanti, mentre coloro che partecipano e fanno partecipare sono retribuiti nulla (i primi) e molto poco (i secondi);
- che sia riconosciuta piena dignità alle diverse forme di conoscenza. La conoscenza cosiddetta “esperta”, sovente allontana la partecipazione. Valorizzare narrazioni collettive nelle quali siano ricondotte a senso comune, rese comprensibili e capaci di interloquire fra loro, conoscenze esperte e conoscenze di contesto;
- che l’istituto partecipativo privilegi gli attori sociali deboli, o comunque sottorappresentati nei processi di concertazione ufficiali, in quanto potenziali portatori di energie virtuose per la produzione della trasformazione verso l’autosostenibilità.

4. Gli obiettivi della legge regionale sulla partecipazione:
- attivare forme di bilancio partecipativo regionale; forme di bilancio sociale, economico e ambientale (integrati in un bilancio di sostenibilità) a livello delle politiche e piani regionali;
- sviluppare il ruolo e le funzioni del Consiglio delle autonomie locali nella attività legislativa della Regione in rapporto attivo con il Consiglio regionale, dalle fasi programmatiche alle definizioni degli articolati di legge(verso il federalismo municipale: “Parlamento della Toscana”? Camera dei Comuni? Sistema di governance a rete delle autonomie locali?);
- introdurre nel processo partecipativo locale temi di valenza generale per la sostenibilità globale: produzione energetica locale, alleanze per il clima, smilitarizzazione dei territori, riduzione dell’impronta ecologica, nuovi indicatori di benessere per le politiche locali, ecc.;
- favorire e incentivare la formazione e la diffusione degli istituti partecipativi a livello dei comuni, dei circondari e delle province come forma ordinaria di governo riguardante tutti i settori dell’amministrazione in forme integrate; promuovere l’adesione alle varie “Carte” internazionali che impegnano alla attivazione di istituiti partecipativi, fornendo aiuti tecnici e finanziari per l’attuazione dei processi;
- promuovere la diffusione di progetti integrati a carattere pattizio: contratti di fiume, patti territoriali locali, progetti integrati di sviluppo locale, ecc.;
- sviluppare il ruolo del garante della comunicazione (artt19/20 della LR1/2005 sul governo del territorio) costituendo una struttura intersettoriale e interassessorile che coordina i processi decisionali di governo del territorio attivando ad ogni livello territoriale e in ogni fase dei piani gli istituti di partecipazione adeguati e il monitoraggio dei processi;
- favorire la partecipazione degli attori economici a valenza etica nei progetti integrati di valorizzazione delle risorse patrimoniali locali;
- organizzare forme di governo e gestione sociale dei beni comuni garantendone il ruolo di servizio pubblico e individuando specifiche forme di partecipazione al governo e alla gestione dei servizi.
---
Alberto Magnaghi
Presidente della Rete del Nuovo Municipio