Esperimenti di democrazia partecipativa, deliberativa e empowered
Donatella Della Porta
- Abstract -
I concetti di democrazia partecipativa e deliberativa sono utilizzati nel dibattito scientifico e politico: sempre più di frequente ma spesso in modo impreciso.
La dimensione partecipativa della democrazia è stata tradizionalmente contrapposta alla concezione dominante di democrazia rappresentativa, che definisce la “democrazia dei moderni” sulla base delle procedure di elezione dei rappresentanti. Le concezioni partecipative della democrazia sottolineano invece che la partecipazione dei cittadini non si deve limitare al momento elettorale: canali e forme aggiuntive di partecipazione devono essere disponibili per potere formare le decisioni in modo democratico, e esercitare il controllo sui governanti.
Emerse più di recente, le concezioni normative sulla democrazia deliberativa hanno sottolineato soprattutto l’importanza della buona comunicazione, contrapponendosi ad una concezione della politica come aggregazioni di preferenze esogene. In questo senso, è stato sottolineato che il buon funzionamento della democrazia è determinato dalla presenza di arene inclusive, pluraliste e egualitarie dove preferenze e identità vengono formate sulla base di un confronto di idee (sulla base della ragione - non della razionalità).
Le due concezioni non sono del tutto sovrapponibili: infatti, il concetto di partecipazione non include automaticamente l’attenzione alla qualità della comunicazione, e molti autori hanno considerano il valore della deliberazione soprattutto all’interno delle istituzioni rappresentative. Tuttavia esse sono tutt’altro che inconciliabili--e infatti comincia a farsi strada il concetto di “partecipazione deliberativa”.
La ricerca empirica ha sottolineato come, a fronte della crisi sia di legittimazione che di efficacia delle istituzioni rappresentative, si siano sviluppati vari esperimenti di democrazia partecipativa e/o deliberativa.
Privilegiando la dimensione deliberativa, esperimenti come i sondaggi deliberativi negli USA o le consensus conferences danesi hanno privilegiato la qualità della comunicazione, distribuendo informazioni ai partecipanti a sorta di focus groups, o interviste di gruppo, facilitando lo scambio di idee, controllando il linguaggio, etc.. La logica della selezione dei gruppi è in questo caso quella della giuria popolare nei processi: si mira ad una rapprentatività secondo alcuni criteri sociografici e ad un pluralismo ideologico. Il limite di questi esperimenti è però spesso legato alla artificialità della partecipazione, limitata nel tempo e indotta dall’esterno. Inoltre, la capacità di legittimazione di questi esperimenti è ridotta dalla loro limitata risonanza sulle decisioni effettive.
Privilegiando la dimensione partecipativa, altri esperimenti hanno invece creato occasioni di incontro e di dibattito fra individui realmente interessati ad alcuni temi. Un esempio è, nel Regno Unito, il dibattito GM-Nation?, basato su una serie di assemblee convocate da enti locali e associazioni sull tema degli OGM. In questo caso la partecipazione è aperta a tutti i cittadini. Sebbene non vi siano, dunque, criteri di rappresentatività dei partecipanti, la legittimazione dell’esperimento segue logiche parallele a quelle della democrazia diretta, con un premio alle preferenze forti e all’impegno. Se la qualità della comunicazione risente della minore disponibilità di chi ha già preferenze definite a confrontarsi con gli altri, la ricerca su questa variante di democrazia partecipativa ha notato anche una certa capacità di comunicare fra persone con opinioni forti e contrastanti. Anche questi esperimenti sono comunque stati spesso carenti un termini di risonanza (il governo di Tony Blair ha, ad esempio, tenuto in nessun conto le conclusioni della GM Nation?).
Una combinazione di logiche partecipative e deliberative si è avuta in esperimenti recenti come il bilancio partecipativo. In questo caso, si è aggiunta a quelle deliberativa e partecipativa una importante dimensione di empowerment: la presenza cioè di una capacità decisionale per le arene deliberative.
Una logica di rappresentanza funzionale hanno invece quegli esperimenti (come alcune Agende 21, o il Diskurs Gruene Gentechnik in Germania) dove l’arena accoglie rappresentanti di gruppi di interesse. Sebbene in genere pluraliste nella loro composizione, queste arene non possono essere definite propriamente deliberative (prevalendo il negoziato tra preferenze già date sulla comunicazione basata sul “buon argomento”), né partecipative (facendo incontrare dei delegati).
In conclusione, diversi formati di paertecipazione e deliberazione presentano specifici vantaggi e svantaggi. In vari esperimenti si è cercata infatti una combinazione di formule diverse. La possibilità di partecipare come individui, in arene di comunicazione inclusive e aperte, insieme all’empowerment, emergono comunque come condizioni necessarie per una effettiva capacità di queste arene di migliorare la legittimità e la efficacia delle decisioni pubbliche.
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Donatella Della Porta
European University Institute