VIA LE BASI!
Manifesto per una rete di iniziativa contro la presenza di basi militari sul territorio italiano - ed europeo
Alla fine degli anni’80, con la fine della guerra fredda e della contrapposizione frontale tra due blocchi politici e militari, ci si sarebbe potuti attendere un ridimensionamento e una sostanziale riduzione delle centinaia di basi militari - soprattutto statunitensi - sparse in tutto il mondo. E' accaduto e accade esattamente l'opposto.
I primi bombardamenti su Baghdad nel gennaio 1991 hanno inaugurato una "nuova" stagione - nella quale la guerra è ritornata a rappresentare lo strumento principale della politica internazionale.
E le strategie militari hanno accelerato questo processo interventista secondo un nuovo Modello di Difesa: la Nato intanto, lungi dallo sciogliersi, si è allargata verso Est. Con il nuovo concetto strategico del 1999, firmato anche dall'Italia, come effetto costituente della "guerra umanitaria", la NATO è stata trasformata da patto militare di difesa dei territori eventualmente attaccati dei paesi aderenti, in patto di aggressione militare ai territori sovrani di altri popoli, in difesa di interessi di sicurezza, attraverso guerre oltreconfine di cui è stato esempio l'Afghanistan, dopo il Kosovo. Ed oggi la NATO ha scelto di addestrare le forze militari che confluiranno nell’esercito del "nuovo Iraq".
I paesi della NATO hanno organizzato Forze di Intervento Rapido da impiegare lontano dai propri confini; anche le Forze Armate italiane hanno abolito l’esercito di leva e si sono attrezzate per intervenire militarmente fuori dai confini "per tutelare gli interessi nazionali ovunque siano minacciati".Una nuova forza armata europea si prefigura nell’immediato futuro nel quadro della NATO e del Nuovo modello di Difesa basato sul potere di proiezione militare a distanza.
La "guerra al terrorismo" e l’invasione dell’Iraq hanno definitivamente chiarito il ruolo della rete globale di basi statunitensi nella protezione degli interessi Usa. Una presenza che colpisce milioni di donne e uomini in tutto il mondo e tra esse/i le comunità direttamente coinvolte dalla presenza di queste basi sul loro territorio.
Dunque la nostra campagna mette al centro la questione della chiusura delle basi e della smilitarizzazione dei territori perché le basi sono gli strumenti di morte della guerra globale e ciò conduce il nostro paese ad essere complice della guerra, a violare la nostra Costituzione pacifista e la nostra volontà di pace.
Ma la complessiva militarizzazione del territorio italiano ha due facce inscindibili: quella della politica estera italiana e quella della salute delle popolazioni locali. Sono state soprattutto le lotte locali per l’ambiente e la salute contro i poligoni di tiro e contro i porti nucleari ( soprattutto in Sardegna ) che hanno rilanciato in tutta Italia l’attualità di una campagna per la smilitarizzazione.
Le basi militari, il demanio militare adibito a poligono ( il più grande in assoluto è in Sardegna), le numerose forme presenti di insediamento militare, nonché la crescente militarizzazione delle infrastrutture civili, sono contemporaneamente una minaccia continua per la salute e la sicurezza delle popolazioni locali che vivono attorno alle basi. Per questo la nostra campagna si indirizza a chiedere la smilitarizzazione non solo delle basi USA e NATO, ma anche di quelle del riarmo italiano (e di supporto alla nuova armata europea) che usano i territori locali come campi di collaudo dei nuovi cacciabombardieri (vedi Grosseto), come depositi di armi nucleari, come infrastrutture di transito o di attracco di numerosi nuovi armamenti e strumenti di morte ( come La Spezia e Augusta ).
Circa il primo punto (basi della morte per la guerra globale), vanno sottolineati tre aspetti:
- gli accordi - bilaterali e secretati - con gli USA conducono alla presenza di decine e decine di basi straniere sul nostro territorio, da parte della potenza più armata del mondo che, a differenza dell’Italia, non ha firmato i trattati per la messa al bando delle armi nucleari e di distruzione di massa, e persegue attivamente la guerra preventiva, in palese contrasto con l’art.11 della nostra Costituzione.
Ciò significa che le basi USA ospitano proprio quelle armi che l’Italia formalmente ha messo al bando (come a Ghedi, ad Aviano e a Camp Darby) e significa anche che l’Italia viene di fatto condotta in guerra - al di fuori di ogni decisione sovrana del popolo italiano - e usata come gigantesca portaerei delle macchine da guerra USA.
- il nuovo Concetto Strategico della NATO del 1999 ha peggiorato la struttura e la funzione offensiva della NATO trasformandola di fatto in strumento della guerra preventiva e della aggressione militare agli altri popoli.
Ciò consente agli organi di governo della NATO di sferrare azioni di guerra in giro per il mondo, coinvolgendo i paesi aderenti al Patto atlantico, contro le loro stesse Costituzioni e i loro Parlamenti.
- Gli attuali piani di ampliamento delle principali basi militari italiane (La Maddalena, Camp Darby, Taranto, Napoli e Sigonella) sono frutto di decisioni Usa e NATO imposte come servitù politiche oltrechè militari al nostro paese ed ai territori locali interessati da questi processi.
Circa il punto due (minaccia alla salute e all’ambiente), abbiamo verificato in questi anni che anche in Italia nomi di località come Aviano, Sigonella, Ghedi, La Maddalena, Quirra, Capo Teulada, San Damiano, Pisignano S. Giorgio, Augusta, ma anche di città come Grosseto, La Spezia, Napoli o Taranto e tanti altri, sono diventati - e sempre più diventano - noti come nomi di luoghi sinistri e pericolosi, non solo per genti lontane oppresse dalla guerra globale, ma anche per le popolazioni che le circondano.
Il funzionamento quotidiano delle basi, soprattutto nei luoghi abitati, è una minaccia grave per le popolazioni, costrette a subire l'angoscia e l'ansia delle continue e rischiose esercitazioni e degli incidenti che continuamente si verificano.
Senza contare la presenza di armi nucleari. Pur avendo l'Italia sottoscritto le convenzioni internazionali per la messa al bando delle armi di distruzione di massa, viene tuttavia obbligata, da questa rete di servitù militari, a detenere nei depositi delle basi militari USA e NATO, armi nucleari e ad ospitare nei propri porti, oltrechè nelle basi militari navali, sottomarini a propulsione nucleare e portaerei che trasportano armi atomiche, con grave rischio di incidenti.
L’aggressione all’ambiente e alla salute è visibile nei diversi tipi di inquinamento come quello acustico, e come l’inquinamento da polveri- specie nei poligoni di tiro- e da uranio impoverito che provoca rischi di gravi malattie negli abitanti dell’area come leucemie e malformazioni neonatali (come dimostrano i casi di Quirra - Escalaplano in Sardegna). L’inquinamento è anche economico per l'economia drogata che le basi militari determinano, di cui pochi traggono vantaggio e molti sopportano il danno, la militarizzazione del territorio e le influenze culturali negative che ne derivano.
E le basi sono una minaccia anche per la democrazia e la libertà, perché sono governate da accordi segreti spesso illegittimi( mai resi trasparenti o sottoposti al vaglio del parlamento) - e costituiscono le retrovie impenetrabili da cui già in passato sono partite strategie stragiste che hanno pesantemente condizionato la politica del nostro paese.
In questi ultimi anni la rete di basi militari in Italia si sta allargando e soprattutto rafforzando per portare il potere di proiezione delle armate più a Sud e più a Est ( vedi lo spostamento del comando della sesta flotta da Gaeta a Taranto e del comando generale delle forze USA da Londra a Napoli). A fronte di qualche chiusura e ridimensionamento - le più importanti infrastrutture militari stanno subendo processi di allargamento: è il caso de La Maddalena, di Camp Darby, di Sigonella, di Solbiate Olona, dei porti di Napoli e Taranto e altre ancora.
Su questi temi e' necessario e urgente che il grande movimento contro la guerra - che si è manifestato soprattutto contro l’invasione e l’occupazione dell’Iraq - sappia costruire un’iniziativa globale e un impegno di vertenze locali, a partire dalle località direttamente interessate, dove già esistono o si stanno costituendo comitati unitari contro le basi. Un impegno che deve saper coordinare queste lotte - anche a livello internazionale.
Per questo invitiamo le reti del movimento contro la guerra, le forze pacifiste, antimilitariste, ambientaliste, i progressisti e tutte le forze democratiche del paese a promuovere la campagna "Via le basi!", affinché, nel rispetto dell’art.11 della Costituzione italiana, si abolisca:
- la militarizzazione dei territori italiani con poligoni di tiro ( che fanno uso di munizioni a fuoco e uranio impoverito);
- l’uso dei porti italiani per l’attracco di sommergibili a propulsione nucleare ed altri mezzi navali con armi atomiche;
- lo stoccaggio di armi nucleari nelle basi USA e NATO in depositi secretati ma certamente esistenti come ad Aviano, Ghedi e Camp Darby ;
- l’utilizzo del territorio italiano e delle infrastrutture anche civili per qualsiasi tipo di azione militare contro altri popoli;
- la creazione di nuove basi italiane per i nuovi armamenti dell’esercito europeo ( vedi l’aeroporto militare di Grosseto che viene ristrutturato per ospitare i cacciabombardieri d’attacco Eurofighter, vedi la portaerei Cavour);
- la presenza delle basi militari USA e NATO in Italia con le connesse servitù militari *.
per:
- il monitoraggio sanitario e ambientale delle zone coinvolte dalle attività delle strutture militari;
- la pubblicazione dei piani civili di prevenzione e di emergenza contro il rischio nucleare che devono essere predisposti dalle prefetture delle 11 città il cui porto è adibito al transito ed alla sosta di unità a propulsione nucleare;
- l'immediata sospensione dei lavori in tutte le basi ed installazioni militari interessate da progetti di ampliamento ed in particolare per ciò che riguarda il nuovo porto nucleare a La Maddalena e il porto di Taranto dove è previsto lo spostamento del comando della VI flotta da Gaeta;
- la chiusura dei poligoni di tiro e di tutti gli insediamenti militari che recano danno e rischi alle popolazioni insediate
- la riconversione delle basi militari in strutture civili e di pubblica utilità e il risanamento dei territori smilitarizzati.
* Circa l’ultimo punto, chiusura delle basi USA e NATO, bisogna articolare una campagna politica che tenga conto dei seguenti elementi:
- la revoca degli accordi bilaterali secretati che consentono agli USA l’uso incontrollato dei territori occupati dalle basi con pesanti servitù militari;
- la contestazione del Nuovo Concetto Strategico della NATO 1999, in quanto patto di aggressione militare e come tale in violazione della nostra Costituzione;
- l’abolizione del trattato di Londra del 1956 sullo status delle forze militari NATO ( impunità e privilegi);
- la scadenza del Patto Atlantico (NATO) nel 2009 che facilita la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare per programmare la fuoruscita dell’Italia dalla NATO e la scelta della neutralità militare.
QUINDICI ANNI DI LOTTE CONTRO LE SERVITU' MILITARI A PISA
Durante gli anni, la base di Camp Darby è servita come supporto per diverse operazioni di morte, tra cui il rifornimento della contras in Nicaragua, nonché nodo strategico della struttura Gladio.
E' durante la prima guerra del Golfo, nel 1990 tuttavia che si palesa il ruolo attivo della base e del suo indotto, ovvero Canale dei Navicelli e porto di Livorno, da cui transitano tonnellate di armi verso l'Iraq.
A questa ennesima provocazione il movimento antagonista, presente in città con il centro sociale Macchia Nera reagisce compatto, dando continuità alle mobilitazioni e smascherando le ipocrisie di una sinistra istituzionale balbettante.
Nel luglio del 1990 venne organizzato il primo campeggio di lotta contro Camp Darby, e venne creato il coordinamento regionale per lo smantellamento di Camp Darby.
Oltre a mettere in luce il ruolo nefasto della base americana, il campeggio si articolò in momenti di lotta contro le servitù militari disseminate sul territorio, ovvero la base radar di Coltano, ove era di stanza la Setaf (Southern European Task Force), e il CAMEN/C.R.E.S.A.M. /C.I.S.A.M,a S.Piero a Grado, sede di un reattore nucleare Galilei del tipo "a piscina", spento dopo tredici anni, ma sulla cui attività nulla si sa (sulla pericolosità delle scorie prodotte si espresse a suo tempo anche l'ENEA).
L'anno successivo, durante il secondo campeggio, i compagni e le compagne contestarono la partenza della nave Vespucci dal porto di Livorno ed imposero una presa di posizione agli enti locali interessati al rinnovo del contratto di usufrutto. Le mobilitazioni su Camp Darby erano supportate da coordinamento nazionale antimperialista antinucleare che si mobilitò per tutto il territorio nazionale con iniziative di lotta e campeggi contro le basi U.S.A. e N.A.T.O. e le servitù militari.
Dopo gli anni '90 la lotta contro la base ha subito momenti di riflusso, interrotti dal manifestazioni e presidi in occasioni particolari.
L'attacco di Bush e vassalli all'Iraq ha evidenziato nuovamente il ruolo strategico della base, e rimesso in moto un movimento altresì asfittico. Nel novembre 2002, all'apertura del social forum europeo una imponente manifestazione internazionale giungeva fin sotto i cancelli per ribadire l'ostilità delle popolazioni occupate, assediate, affamate, nonché la necessità di un definitivo smantellamento della base e della sua restituzione alla popolazione.
Il movimento antagonista si è anche fatto carico di palesare le pesanti ambiguità, se non connivenze degli enti locali, silenti anche sui progetti di ampliamento della base.(vedi scheda).
Certo si è passati dal più becero "m'importa una sega" al più sottile "apprezzo il lavoro del movimento pacifista", ma ovviamente la distanza resta siderale.
Come diciamo nell'allegato, la proposta di riconversione della Base ad usi di peacekeeping ci vede ovviamente contrari, perché continua ad essere funzionale alla logica della guerra infinita e dell'asservimento.
La lotta contro Camp Darby rischia di essere parziale e localistica se non si inserisce in un contesto più ampio, nazionale e mediterraneo, di lotta alle basi militari U.S.A. e N.A.T.O. e a tutte le servitù militari, veri e propri avamposti della guerra imperialista.
Per questo una delle proposte che facciamo è di ripetere l'esperienza, da noi già fatta l'anno scorso, di un campeggio di lotta come momento di raccordo delle esperienze nazionali che generi momenti di lotta efficaci.
Fondamentale, per noi, è il lavoro propedeutico ai momenti di lotta, per cui ci adopereremo per una mappatura dei siti militari nel territorio (comprese le caserme, i poligoni militari etc.).
Un altro dei problemi fondamentali, quando si lavora sui siti militari, è lo scardinamento della concezione "le basi portano lavoro": l?indotto economico della base pare ammonti a 25 milioni di euro l'anno.
Va compiuta in questo senso una sensibilizzazione delle popolazioni limitrofe alla base (nel nostro caso Marina di Pisa e Tirrenia), spesso asservite a questa logica.
E' necessario per noi trovare forme incisive di comunicazione che portino alla consapevolezza della realtà. Vorremmo socializzare e condividere questo lavoro con altre realtà di base che lottano sui propri territori con gli stessi obiettivi, in modo da creare un interscambio tra le varie esperienze con una serie di presenze a staffetta sui territori. Invitiamo perciò tutte e tutti a misurasi su proposte e progetti concreti in modo da costituire un efficace rete di realtà che lottano contro le basi e le servitù militari.
PROPOSTA DI DISCUSSIONE
4 giugno '04: Bush viene ricevuto dal suo servo sciocco Berlusconi. Ribadisce la necessità strategica delle basi USA/N.A.T.O. in Italia, in particolare l'asse La Maddalena-CampDarby-Napoli-Taranto.
Ancora una volta la base di Camp Darby torna ad essere pedina importante nella strategia di guerra imperialista, in cui è fondamentale il riposizionamento strategico nel Mediterraneo, dove le nostre coste sono trincea indispensabile per la dottrina della guerra permanente.
E' in questo senso che vanno letti i propositi di ampliamento della base, vera e propria bomba ad orologeria situata in un territorio già gravato da altre servitù militari, come il Cisam, un cui è stoccato dell'uranio impoverito.
A proposito della pericolosità intrinseca della base, ricordiamo l'incidente rilevante del maggio del 2001, in cui un bunker in cui erano stoccate delle munizioni ebbe un crollo strutturale. Tutto fu messo a tacere.
I progetti di ampliamento
IL PROGETTO NATO
All'inizio degli anni Novanta viene concepito in sede NATO un progetto (NATO CP 340019) da 52 milioni di dollari (circa 40 milioni di euro) per l'ampliamento della base di Camp Darby. Il progetto prevede la costruzione di sette magazzini climatizzati, di una grande officina, e di varie infrastrutture per complessivi 450.000 metri cubi e 9 ettari di superfici coperte o impermeabilizzate.
1992 - Il progetto viene presentato al Comipar (Comitato misto paritetico sulle servitù militari), di cui fa parte anche la Regione Toscana. In questa occasione, la Regione chiede di acquisire maggior documentazione prima di esprimere il proprio parere.
1993 - Il presidente della Regione Vannino Chiti invia una lettera al ministro della Difesa per ribadire le riserve sul progetto di espansione.
10 ottobre 1996 - Dopo un rinvio tecnico deciso nella riunione del 29 maggio 1996, il Comipar approva il dossier Nato CP 340019. L'approvazione avviene dopo che il comitato recepisce le osservazioni, presentate dal rappresentante dell'Ente Parco ed appoggiate dalla Regione, volte a ridurre l?impatto ambientale dei lavori; si era chiesto che, una volta realizzati i capannoni destinati ad ospitare i veicoli, venisse destinato ad area verde il parcheggio all'aperto dismesso. 3 dei 4 tecnici regionali votano a favore, mentre uno si astiene.
13 febbraio 2003 - Rispondendo ad un'interrogazione della deputata di Rifondazione Deiana, il Sottosegretario di Stato per la difesa Francesco Bosi afferma che: "I lavori, per i quali è stata chiesta all'amministrazione militare la prevista autorizzazione, interessano solo la riparazione della banchina di Tombolo, relativa al citato canale, ma è inserita nell'area appartenente al demanio difesa. In particolare, per i lavori all?interno della base, è stata chiesta ed ottenuta l?autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, sentiti l'Ente - parco regionale Migliarino - San Rossore - Massacciuccoli e la menzionata società Navicelli".
2 luglio 2003 - Il Comipar approva all?unanimità il dossier recante le sigle USA PN 58497 e PN 58493, che contiene il progetto di potenziamento della base per la costruzione di "sette magazzini e varie infrastrutture per complessivi 450 mila metri cubi e nove ettari di superfici coperte o impermeabilizzate".
Il dossier è praticamente identico a quello già approvato nel 1996, e tuttavia viene votato una seconda volta poiché nel frattempo è cambiato il proponente: non più la NATO ma gli Stati Uniti. Presieduto dal generale di brigata Calogero Cirneco, il comitato è composto da 11 membri: 7 rappresentanti della regione, uno del ministero del tesoro e tre militari. I lavori saranno appaltati in aprile e inizieranno il prossimo autunno.
Le responsabilità degli enti locali
8 marzo 2004 - In una nota diffusa al termine della Giunta dedicata alla questione dell'annunciato potenziamento della base, il presidente della regione Martini dichiara: "La nostra posizione è chiara. Siamo perché si cominci a pensare ad una riconversione ad uso civile della base militare di Camp Darby. Le nostre scelte e i nostri comportamenti si ispireranno sempre di più a questo orientamento". "Non mettiamo in discussione le alleanze, ma crediamo sia venuto il momento di ripensare il modo con cui ora vengono concepite. Sono passati oltre 50 anni da quando fu siglato l'accordo fra i governi italiano e degli Stati Uniti che concedeva l'uso dell'area e, soprattutto negli ultimi anni, il mondo è notevolmente cambiato. Per questo da tempo sostengo che, in futuro, la base di Camp Darby debba essere riconvertita ad usi civili, perdendo le sue caratteristiche esclusivamente militari e assumendo invece quelle di peace-keeping, ovvero sia sviluppando quelle attività rivolte a garantire la pace, la cooperazione e gli aiuti umanitari nel mondo. Credo di interpretare così il sentimento dei toscani che oggi sentono quella base come qualcosa che appartiene al passato". "E' evidente che fino alla fine degli anni '90, in uno scenario internazionale radicalmente diverso, la sensibilità dell'amministrazione regionale fosse principalmente rivolta alle implicazione ambientali e paesaggistiche del progetto. Dopo il 2001 a queste si è aggiunta, fino a prevalere, una sensibilità più squisitamente pacifista". "Penso infine che sia opportuno coinvolgere in maniera costante, sulle questioni all'ordine del giorno del Comipar, gli Enti locali interessati. Per quanto riguarda specificatamente Camp Darby, già domani incontrerò a Pisa i sindaci e i presidenti delle Province di Pisa e Livorno con i quali valuteremo la situazione. Sin d'ora noi diciamo che per ogni intervento proposto su aree esterne a Camp Darby riteniamo decisivo e non valicabile l'orientamento degli enti locali. Per eventuali progetti di impegno militare sul porto di Livorno e sul canale dei Navicelli, questo orientamento è sempre stato e rimane contrario".
Marzo 2004 - Il consiglio regionale boccia una mozione presentata dalla destra in cui si sostiene la richiesta degli Stati Uniti di ampliamento della base ad uso militare. Nell'occasione, l'assessore alle infrastrutture Riccardo Conti dichiara che la Regione è contraria all'uso del porto di Livorno per l'espansione militare della base e che è venuto il momento di riconsiderare le modalità di tale presenza in Toscana: "Il contesto internazionale è tale per cui appare velleitario prospettare uno smantellamento tout court della base. E tuttavia, ad oltre mezzo secolo di distanza dalla convenzione con gli Usa, ci sono probabilmente le condizioni per riconsiderare il rapporto e la modalità di questa presenza". Propone quindi una riconversione della base auspicando il "passaggio della base sotto il controllo di organismi internazionali come potrebbe essere l'alleanza NATO o meglio ancora come supporto logistico-militare per le operazioni umanitarie e militari ONU".
A parte l'ipocrita occhieggiamento ai "movimenti" anche questa posizione della Regione Toscana ci vede contrari e contrarie: ricordiamo perfettamente le "operazioni di peace-keeping" e gli "aiuti umanitari" che hanno caratterizzato l'aggressione alla Serbia nel 1999 (guerra del Kossovo) da parte dell'allora governo di centro sinistra.
Il peace-keeping non è altro che un mezzo per perpetuare l'occupazione militare di un territorio, contribuendo alla sua destabilizzazione politica, come è avvenuto e sta avvenendo in Kossovo, Afghanistan, Somalia.
La dichiarazione di Martini delinea la tendenza strategica del blocco di potere del centro sinistra: il rafforzamento del protagonismo del polo imperialista europeo, specializzato in guerre umanitarie. Uno scenario che si perpetua quotidianamente con un articolarsi di questa modalità di gestione fino ad arrivare ai nostri territori.
Uno scenario che ci vede e ci continuerà a vedere antagonisti e conflittuali.
SPAZIO ANTAGONISTA NEWROZ
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