Due idee di federalismo
di Marco Polvani


PRESENTAZIONE
Carissimi appartenenti alla Rete del Nuovo municipio, anzitutto mi presento, mi chiamo Marco Polvani e mi sono laureato, alcuni mesi fa, con una tesi in Storia delle Dottrine Politiche dal titolo Neo-municipalismo, autonomie locali e bilanci partecipativi: linee teoriche di nuovi spazi di libertà nelle liberal democrazie. Come si capisce dal titolo, il mio studio ha molto a che fare con l’argomento di questo forum e proprio l’intenzione di confrontarmi su questo tema mi ha spinto a scrivere quest’intervento. Il senso fondamentale del mio studio, infatti, è stato quello di chiarire, prima di tutto a me stesso, i fondamenti teorici che stavano dietro alle numerose istanze di autogoverno locale e municipalismo federale che provengono dalla società civile e vedere dove fosse possibile individuarne le basi nel pensiero politico occidentale, di matrice sia liberale che socialista. Non entrerò, qui, adesso, nel dettaglio di questa parte del mio studio, che sono disponibile a far avere a costo zero chiunque ne sia interessato, per il semplice gusto di condividere e discutere su idee.

UNA DOMANDA
Entrerò invece nel dettaglio, sia pur brevemente e sperando di non annoiare troppo, di un’altra parte della mia tesi, la parte cioè in cui mi sono posto l’obiettivo di chiarire, ancora una volta, prima di tutto, a me stesso, quale fosse la differenza teorica di fondo tra le diverse idee di federalismo che si ritrovano oggi nel dibattito politico italiano e di cercare di capire se tra di esse fosse possibile individuare una linea di demarcazione chiara ed inequivocabile.
Nel precedente intervento di questo forum, a ragione Ferraresi ha rimarcato come esistano oggi in Italia due idee distinte di federalismo, l’una riconducibile alla devolution del “centro destra” e al federalismo di matrice etnicista della Lega Nord e l’altra che si rifà ad un tipo di federalismo su base municipale, legato a nuove sperimentazioni di democrazia partecipata, che è quello di cui anche voi della RNM vi fate promotori. La domanda che io nella mia tesi mi sono posto è questa “se entrambe le posizioni si richiamano al concetto di federalismo, fino a che punto è possibile distinguere le due idee e su quali fondamenti teorici si dovrebbe basare questa distinzione?”
La risposta a cui io sono giunto è che questa distinzione si fondi sulla diversa valutazione del concetto di isonomia.

L’ISONOMIA
Per cercare di rispondere a questa domanda, infatti, io ho cercato di risalire al significato originario dei concetti di democrazia, federalismo, autonomia ecc. fino a che non mi sono imbattuto, leggendo Sulla rivoluzione di Hannah Arendt, nel concetto di isonomia, termine con cui originariamente i greci antichi definivano il sistema democratico ateniese, e su questo ho provato a fondare una distinzione teorica tra le due idee di federalismo.
Nei paragrafi in cui, per la prima volta, Erodoto definisce le tre principali forme di governo (monarchia, oligarchia e democrazia) e ne discute i meriti, il rappresentante della democrazia ateniese, infatti, sostiene che “il governo del popolo comporta il nome più bello che esista: l’isonomia” e quando rifiuta un regno che gli viene offerto così giustifica la sua scelta: “io non voglio né comandare ne essere comandato” (Erodoto, Le storie, vol III , 80-2). Isonomia è un composto del greco antico isos, che significa “uguale” e nomos che significa legge e non indica tanto una generica uguaglianza di fronte alla legge, quanto l’eguaglianza di persone che, per legge, formano un consesso di pari, ovvero persone uguali non tanto per condizione, ma per l’eguale legittimità a decidere su questioni relative alla polis. Nel pensiero greco l’isonomia garantiva l’isòtes, cioè l’eguaglianza, non sulla base del principio che tutti nascono uguali ma, al contrario, partendo dall’assunto che gli uomini sono per natura diseguali e che pertanto hanno bisogno di un’istituzione artificiale, di una legge, che li renda uguali in qualcosa, nel caso specifico nella facoltà di deliberare sulla cosa pubblica. L’uguaglianza non era per i greci un dato naturale, ma un prodotto artificiale che derivava dalla volontà umana di “non voler né comandare né essere comandati” e solo in questa volontà aveva la sua garanzia.
Questa uguaglianza, però, necessitava di uno spazio in cui poter sussistere, un luogo in cui potesse essere garantita e posta in essere; a questo proposito è interessante notare, con Hannah Arendt, che nomos in greco antico non significa soltanto legge, ma anche spazio, “luogo” e questo perché nell’idea greca, dice la Arendt, “la legge crea anzitutto uno spazio in cui essa ha valore e quello spazio è il mondo in cui possiamo muoverci in libertà”. L’isonomia ha quindi, in se, un idea spaziale, indica uno spazio di eguali, di persone egualmente legittimate a deliberare sulla cosa pubblica.

COSA C’ENTRA CON IL FEDERALISMO?
Prendere in esame il concetto di isonomia così come formulato nel pensiero greco mi è stato utile non tanto per riproporre un modello politico, come quello della polis greca, improponibile per motivi tanto ovvi che non sto nenanche a sottolineare, ma perché consente, per usare un’immagine cara a Walter Benjamin, di recuperare dal fondo del mare della storia un concetto che consenta di capire meglio il presente.
Analizzato sotto la prospettiva dell’isonomia il federalismo, infatti, non è più solo un frazionamento verticale del potere affinché l’uno freni l’altro, sul modello della lezione di Montesquieu; è, certo, anche questo , ma è soprattutto un mezzo per ampliare gli spazi dove è possibile costituirsi come consesso di eguali per decidere e deliberare su una porzione del mondo che abbiamo in comune, è la costituzione di una pluralità di spazi dove sia possibile esercitare quella libertà politica che, come sosteneva Thomas Jefferson, significa essere partecipi dei pubblici affari o non significa niente.
Ecco dunque che sotto la luce del concetto di isonomia si può cogliere una differenza sostanziale nei due modi di intendere il federalismo: nella devolution del centro destra infatti non v’è nulla che rimandi all’idea di isonomia, della produzione di spazi nuovi di libertà politica dove sia possibile prendere decisioni autonome per la progettazione libera del territorio e delle sue caratteristiche, si tratta soltanto della replicazione dei medesimi meccanismi decisionali dello stato centrale su base regionale o, al massimo, di un federalismo esclusivamente fiscale. In altri termini con al devolution si creano tanti piccoli stati centralizzati con meccanismi e problemi del tutto analoghi a quelli dello Stato nazionale, ma non si procede affatto in direzione dell’allargamento di spazi di isonomia. L’altro tipo di federalismo invece parte dalla consapevolezza della disuguaglianza, del fatto che, ad oggi, non si è affatto ugualmente legittimati a deliberare sulla cosa pubblica, neanche su quella porzione di essa che più ci riguarda da vicino e allora propone che questa uguaglianza venga garantita da un nomos, nella sua duplice accezione di regola e spazio, dove sia possibile formare un consesso di eguali che “non vogliono né comandare né essere comandati” ma prendere decisioni quanto più possibile condivise attraverso la discussione e la mediazione.

"IL MONDO CHE ABBIAMO IN COMUNE"
Vi è poi un altro elemento conseguente che caratterizza due diversi modi di intendere il federalismo nel dibattito politico contemporaneo in Italia e che riguarda l’idea di “mondo che abbiamo in comune”. Se, come detto, l’isonomia rimanda all’idea della creazione di spazi per deliberare e progettare sul mondo comune a tutti, è necessario, per un ovvia questione i logica, che un mondo in comune esista e che esso venga preservato. La prova provante che l’idea di federalismo, diciamo così, “di destra” non abbia niente a che fare con l’ampliamento del potere decisionale dei cittadini è data dal fatto che mentre da una parte si dice di voler rafforzare gli enti locali, dall’altra, con le privatizzazioni di beni essenziali, si tolgono ad essi materie importanti su cui deliberare, si procede cioè a una vera e propria espropriazione del mondo che abbiamo in comune. Dal punto di vista di teorico ciò è più che ovvio: se l’interesse nel promuovere forme di federalismo non è di creare spazi di decisione, è del tutto superfluo che vengano preservate porzioni essenziali di mondo su cui poter decidere e progettare, queste, viceversa, resteranno solo la morta permanenza di una sfera sottratta alle possibilità di accumulo privato.
L’attenzione a preservare quel mondo che abbiamo in comune è ciò che caratterizza il federalismo attento a creare spazi ulteriori di isonomia, poiché in questo caso ciò che si rivendica è uno spazio su cui poter decidere e progettare in qualità di cittadini eguali, un luogo fisico, in altri termini, in cui sia possibile dare inizio a qualcosa di nuovo, nella consapevolezza che, quale che siano i problemi, grandi o piccoli, che la società si trova a vivere, solo la possibilità di dar inizio a qualcosa di nuovo li potrà risolvere. Diceva Platone che “L’inizio, poiché contiene anche il suo principio, viene ad essere anche un dio, il quale, finchè dimora tra gli uomini, finchè ne ispira le imprese, salva tutto”, ma per poter cominciare qualcosa, in quella sfera di mondo che non appartiene a nessuno ma a tutti, è necessario che ci siano strumenti idonei, cioè che la società politica sia organizzata in modo tale da poter garantire la possibilità di intervenire su di essa; l’obiettivo di un federalismo che si ispiri all’isonomia è e deve essere realizzare questa società.

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Marco Polvani