Bozza di documento programmatico: Federalismo, programma e ruolo della Rete del Nuovo Municipio
Il federalismo municipale come nodo di un programma che nasce da istituzioni di base e cittadinanza attiva: appunti per discutere di compiti e iniziative della Rete NM nel contesto del nuovo quadro di governo locale e regionale
...a partire da alcune note per il Cantiere 6/7 maggio 05 (e per il Cantiere futuro)...
A cura di Giorgio Ferraresi, 22 Maggio 05


Queste note sono state proposte inizialmente per il Cantiere “fuoriprogramma” del 6/7 maggio a Roma, come contributo per gli interventi delle Rete in quella sede; per esprimere una possibile impostazione di base di un nuovo ulteriore contributo della Rete, più diretto e ampio nel “Cantiere del futuro”, nelle prossime scadenze.
Ora queste note (che erano per l’occasione specifica orientate ad un rapporto più diretto tra autogoverno e welfare, tema del giorno) sono state riviste in qualche punto ed integrate con qualche breve appunto per discutere più in generale compiti ed iniziative della Rete (nel Cantiere e in altri modi) nel nuovo quadro di governo locale e regionale.
Si tratta di un punto di vista, un approccio, uno sguardo privilegiato sul modo di affrontare il programma della “sinistra sociale”, che muove dal tema dell’autogoverno, del rapporto partecipazione / progettualità sociale e governo antigerarchico e anticentralista proprio del municipalismo e del federalismo municipale.
Si pone al centro la prospettiva del federalismo municipale in particolare per il suo significato strategico nella attuale possibilità (mai prima così ampia) di governare dal basso il paese nelle nuova geografia politica e sociale delle regioni, delle province, dei comuni e delle loro reti. Indicando quindi una modalità del costruire un programma vivente nel territorio.

1. L’occasione storica di un “governo dal basso” già in atto che può costruire il programma di governo generale del paese
Il programma di governo non deve essere prodotto in una “fabbrica” e nemmeno in un “cantiere”, in un luogo “extraterritoriale”. Il cantiere e la fabbrica diffusa esistono già nei territori, nella relazione tra istituzioni locali e società civile; ed il programma è vivente, sperimentato nei percorsi partecipativi ed istituzionali di base, nell’autogoverno dal basso. Va letto e portato alle necessarie proposte strutturate: ma è nel governo del territorio, adesso, mentre il governo centrale “sgoverna”.
Questo in particolare, per l’Unione, ora che quasi tutte le Regioni sono di centrosinistra e così gran parte delle Province e la stragrande maggioranza dei Comuni.
Ed è così non per una affermazione dei partiti della sinistra radicale (che non c’è stata) ma per la presenza diffusa della “sinistra sociale e civile”, per l’influsso, la rivitalizzazione della speranza e la pratica di progetto e di rifondazione partecipata della democrazia espressa dai movimenti e dalle reti e dalla loro volontà di relazione , più o meno conflittuale ma comunque partecipativa, con le istituzioni locali.
Si tratta quindi di esprimere il programma dentro questa pratica di governo dal basso e di partecipazione locale. Estraendone il senso generale.

2. Il paradosso del federalismo; il federalismo municipale versus il neocentralismo dei governatori e del premier
Questa condizione di possibile governo dal basso, nei territori, si verifica nel modo più esteso proprio mentre viene statuito per legge il federalismo della “devolution”, il potere di governatori, accompagnato dal “premierato forte” nella possibile modifica imminente della costituzione; traducendo in atto il disegno della destra, in realtà profondamente neocentralista, statalista e autoritario sia nello stato nazionale che nei nuovi piccoli stati regionali.
Esattamente in contrapposizione frontale con le ipotesi di un autogoverno locale composto in reti di scala più ampia e di cooperazione solidale tra aree regionali ed interlocali nel paese, che dovrebbe essere il disegno comune di ogni sinistra. Una opzione di autogoverno in rete che è espressa in modo rigoroso nel federalismo a base municipale, che è nel “dna” delle nostra storia ed è il fulcro della proposta della Rete del NM.
Questa contrapposizione della “riforma” della destra alle potenzialità di governo dal basso nei territori è resa ancora più esplicita infatti dalla sistematica azione di demolizione delle autonomie comunali che il governo centrale mette in atto, sia per sottrazione di risorse che per erosione dello spazio di gestione del territorio e di servizi in relazione diretta con la società.
Ed i comuni sono nel cuore dell’attacco.
La possibilità di autogoverno, ci viene quindi consegnata con il “cuore marcio”, segnata dalle condizioni indotte dalla “devolution” di destra.
Questo è il paradosso; e va rovesciato, ponendo al centro quelle linee suddette del municipalismo cooperativo, della concezione degli enti di scala maggior non come “sovraordinati” ma come luoghi e strumenti di cooperazione e co-pianificazione, dentro una catena di reti interlocali ed attraverso una relazione partecipativa con le società insediate.
E che abbia al centro altri modelli di “sviluppo”, di rigenerazione territoriale.
Questo lo si sta già praticando nelle mille esperienze municipali e di rete, nelle “province dei comuni” (alcune già aderenti alla rete altre, molte, già in rapporto con la proposta municipalista) e sul tema del “locale di ordine superiore”: Cambiando scala e modo ciò può essere messo in pratica anche nelle regioni.
Su alcuni fondamenti:
- responsabilità e sovranità sul territorio e sui beni pubblici;
- welfare fondato sul carattere pubblico / municipale dei servizi autogestiti tra istituzioni locali e cittadinanza attiva;
- tracciati di nuove economie di sviluppo locale strategico basate sulla valorizzazione dei territori e delle loro opportunità e differenze e sul loro capitale sociale.
Su queste basi del programma del federalismo municipale, le brevi note qui seguenti rimandano al programma della Rete (Bologna Nov.04), ad altri documenti significativi (Toscana, Altra Lombardia, ecc.,) ma soprattutto alle molteplici progettualità locali che appunto sono le vere matrici del programma in corso.

3. Territorio, beni e servizi pubblici e welfare nel municipalismo in rete
Vi è una profonda correlazione della prospettiva di un federalismo fondato sull’autogoverno con il tema del welfare “municipale” e della difesa e valorizzazione dei beni pubblici (che ne sono una delle espressioni fondamentali).
Come si è già richiamato, il federalismo centralista e l’autoritarismo neo-liberista del governo colgono esattamente (in negativo) questa correlazione: distruggere l’autonomia comunale è una loro opzione e reiterata azione di carattere strategico, proprio per costruire la base della privatizzazione dei beni pubblici e della aziendalizzazione e commercializzazione dei servizi. La politica sanitaria di Formigoni in Lombardia è un esempio chiarissimo tra gli altri, ideologicamente esplicito ed anche e socialmente costruito nella spartizione con i soggetti “sociali/aziendali” di riferimento di quella ideologia (Compagnia delle opere e simili). Il servizio è centralizzato a livello regionale, largamente privatizzato e cogestito con questi soggetti sociali/mercantili; mentre i comuni e le loro reti (spesso assai estese e consolidate in quella regione) sono espropriati sistematicamente di possibilità gestionali, decisionali, sono ridotti a “passacarte burocratici”, deprivati di capacità di mediazione, programmazione, progettazione. Il mercato trionfa ed il servizio è selettivo e costosissimo.
Al contrario appare sempre più chiaro che vi è una sola basilare garanzia della riaffermazione del carattere pubblico di beni e servizi e della loro effettiva fruizione sociale quale bene comune. E è la fondazione della disponibilità dei beni e dei servizi nello spazio pubblico della relazione tra istituzione di base e società insediata; ove la relazione non è mercantile ma fondata sulla cittadinanza, Chi fruisce un servizio e un bene condiviso non è un cliente ma un cittadino ed un abitante, che assume corresponsabilità appunto nello spazio pubblico, civile.
Va quindi rifiutato proprio il passaggio alla aziendalizzazione della fornitura di servizi e la sottrazione alla gestione “civica/municipale” del ruolo di progettazione, definizione e gestione dl servizio e della valorizzazione dei beni comuni. Intendendo con ciò necessario che sia proprio il municipio (come cellula elementare della fondazione civica) ad essere in campo; così come le reti di municipi, verso una incidenza nelle politiche strategiche di welfare di area vasta (supportate dal ruolo di provincia e regione): ma sempre a partire dalla relazione locale società / istituzione.
Si può inoltre sostenere che welfare municipale e produzione pubblica di servizi non possono non avere fondamento su un controllo, o meglio, una “sovranità” sui beni pubblici (aria, acqua, cicli delle materie prime e seconde e dell’energia), e sul bene pubblico primario che li comprende, il territorio. Queste sono le basi strutturali della autonomia del “pubblico/civico”, il dove e il cosa della sua consistenza.
Alienare aria, acqua, energia e territorio (soprattutto) rende impossibile la produzione pubblica e sociale di servizi.

4. Altra economia, responsabilità di territorio e valorizzazione territoriale come base strutturale dell’autogoverno in rete
La sovranità e la responsabilità di territorio sono anche il fondamento di possibilità di “altro sviluppo”, che produca un riattivazione del ciclo di riproduzione del valore territoriale.
L’autogoverno in rete ( il federalismo municipale) si esprime infatti, strutturalmente,nella attivazione del patrimonio locale, dei caratteri distintivi propri dei territori e delle società insediate. E propone la formazione di ricchezza durevole che esprime le “chance” dei territori, differenziati, fondata sui capitali sociali e sulle qualità proprie dei luoghi, su risorse endogene.
La responsabilità di territorio si esprime prima di tutto evitando processi di espropriazione e di svendita di suolo (come sostituzione delle risorse locali sottratte dallo stato neoliberista alle politiche dei beni pubblici); e contestualmente attivando economie di valorizziamone del patrimonio territoriale: le diverse vie allo sviluppo (o meglio alla trasformazione qualitativa) sono la base dell’autogoverno e della sovranità; e le reti interlocali sono il terreno di “scambio non ineguale” tra diversità.
Nel presente contesto di crisi dello sviluppo industriale e della produzione quantitativa e omologata appare sempre più chiaro che, in generale, il futuro delle economie risiede nella produzione di qualità differenziata nei diversi territori e culture, caratterizzata localmente, distinta per luogo di origine. E questa opzione si pone come ”la” risposta ineludibile di fronte al nuovo mercato internazionale invasivo della produzione omologata a basso costo ed a bassa qualità; ed è un opzione che può riprodurre a scala mondiale una rete di scambio delle diversità e delle qualità differenziate per culture e caratteri locali.
La questione riguarda in aprticolar modo l’agricoltura e la campagna che su questo fondamento di valorizzazione delle differenze territoriali e di prodotto denominato possono riassumere un ruolo centrale “dopo l’industria” e per una ridefinizione della post-industria.
E riguarda specificamente il meridione e la cultura meridiana che sulle stesse basi può uscire con una propria via dalla ripetizione a perdere del modello di sviluppo ora in crisi.

5. Una nota sulla ”forma politica” del discorso sul programma; ed una indicazione di iniziativa e di ruolo della Rete NM
I “locali” sono già determinanti nel nuovo quadro di governo dei territori che è stato riconfigurato dalle ripetute elezioni amministrative a diverse scale.
In generale il voto di base amministrativo, comunale, provinciale (ed ora regionale) ha scontato uno spostamento anche delle forme politiche; se si è di fronte ad una possibile (solo possibile) svolta del governo del paese questa è fondata sulle modificazioni nei territori delle forme sociali e delle loro relazioni con le istituzioni.
Il caso Vendola è prodotto da una capacità di interpretazione politica ed scala vasta di un legame coi problemi del territori; ma ciò vale anche in molti altri casi di elezioni di soggetti legati ai movimenti: si sono realizzate modificazioni significative del “politico” dovunque vi è stata relazione con soggettività sociale, con progetti socialmente costruiti, con la partecipazione in varie forme. Si è anche assistito alla affermazione di molteplici esperienze di liste locali e civiche
Si deve notare che ciò riguarda in qualche misura ed in diversi termini anche la destra (la Lega-nord ma anche la Sicilia); fenomeni locali che rischiano di salvare la destra dal fallimento “nazionale”. Una possibile ribellione antipartitica e anticentralista che già a sinistra si interpreta come espressione civile e rifondazione democratica di base, dal basso, e che deve divenire egemone sulle derive di destra populiste.
Si manifesta allora l’esigenza di una iniziativa forte dei locali, delle espressioni civiche e della società insorgente, della progettualità sociale, delle nuove economie territoriali. Quindi della sinistra sociale e locale, dei comuni e della partecipazione per l’autogoverno, come liberazione di energie e progettualità: questo il nostro modo di produrre il programma, cantieri diffusi e esempi di progetto (forse le risorse uniche dello stesso Prodi più che i “numeri” richiesti dallo stesso Prodi al Cantiere).
Si può in tal modo dare alternativa alla non-costruzione del programma e sottrarsi alla miseria del discorso politicista / centralista nel Centro-sinistra, tra strategie e competizioni aliene tra “forme-partito” rivali (Rutelli ecc.).
Questa costruzione di programma vivo di matrice locale vale anche per fornire una alternativa alla pura iniziativa ancora statalista dei Governatori dei piccoli stati regionali, e delle loro alleanze (tra governatori delle Regioni del Sud, per esempio, già progettate); puntando invece su regioni e province dei comuni e della partecipazione, per lo “sviluppo” locale.
Una iniziativa nelle e tra le regioni così intesa è invece fondamentale: tra le anime del locale che non accettano il modello e lo “stato” delle economie date e delle loro logiche; è necessario in particolare lavorare ad un’alleanza interregionale di base che parta dal sud (Puglia, Calabria, l’altra Sicilia… ) e che interpreti il pensiero meridiano di un altro “sviluppo” fondato su una alleanza con la cittadinanza attiva/progettante ed insorgente.
Questo è forse il punto di rottura che può anche dare nuova forza a “cantieri in corso” in altre regioni del nord e del centro su programmi di progetti-pilota di altra economia e di statuti di partecipazione, oltre il riformismo toscano-emiliano e contro il localismo barbarico e neoconservatore della Lega.

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