Alberto Magnaghi 1
Il Nuovo Municipio e il programma della sinistra
La proposta neomunicipalista di cui la nostra associazione si fa interprete, cercando di attivare un dialogo sperimentale fra enti locali, movimenti, associazioni e laboratori universitari di ricerca-azione sui temi della partecipazione per lo sviluppo locale autosostenibile, è cresciuta, a partire dalla discussione al social forum di Porto Alegre della Carta del Nuovo Municipio, su alcune radicate convinzioni. La prima, pessimistica, è frutto dell’insofferenza per la forbice fra il formulario per gli accordi fra le sinistre e l’elaborazione programmatica, che assomiglia sempre più al divario fra crescita del PIL e benessere. La seconda, specularmente ottimistica, passa per il riconoscimento di un ceto politico-amministrativo emergente che, al di là delle appartenenze partitiche, alimenta la propria cultura politica e la propria esperienza in un quotidiano corpo a corpo con la innovazione del governo del territorio: sempre meno sede di applicazioni amministrative di decisioni esogene alimentate da miti acefali sviluppisti e liberisti, sempre più laboratorio di nuovo spazio pubblico, di società locale, di modelli di produzione e consumo fondati sulle peculiarità dei giacimenti patrimoniali. La terza convinzione è che proprio di lì, dalla periferia del sistema decisionale pubblico, dai mille laboratori concreti del confronto fra municipi e forze sociali innovative, stia nascendo la trasformazione delle forme della politica e degli orizzonti programmatici della sinistra, non più rintracciabili nel formulario rituale del sistema partitico. Questo ceto politico innovativo di amministratori locali che promuovono, con la passione della militanza, la trasformazione dei mondi locali di vita attraverso l’attivazione della società locale, pratica un altro linguaggio. Cerco di riprendere alcune parole chiave di questo linguaggio che mi sembrano, fra le tante, più pregnanti.
Pratiche per la Pace. La declinazione locale della parola che ha unito migliaia di piazze di tutto il mondo ruota intorno alle pratiche lillipuziane per sottrarre ragioni di esistenza alle politiche imperiali della guerra permanente del dopo sviluppo: intensificazione della cooperazione decentrata per la costruzione di orizzonti di scambio solidale fra nord e sud del mondo, diplomazia dal basso, azioni locali per la riduzione dell’impronta ecologica e per la produzione energetica locale, azioni locali sul clima.
Partecipazione e autogoverno. La delega non avviene solo con il voto. Più in profondità è un processo storico di spoliazione e espropriazione di saperi diffusi trasferiti ai grandi apparati tecnologici, organizzativi e finanziari, pubblici o privati. Non sappiamo più produrci il cibo, la luce, l’energia, la salute, l’ambiente, lo smaltimento dei rifiuti, il territorio, il paesaggio, la città.
Le centinaia di nuovi assessorati alla partecipazione, formatisi nei comuni e province in cui il programma elettorale è stato unitariamente costruito con forum, movimenti, associazioni, hanno come primo impegno la riappropriazione sociale delle conoscenze e del “saper fare” per restituire alla comunità locale la capacità concreta di governare il proprio futuro, costruendoselo con le proprie mani, con i propri saperi, le proprie filiere produttive locali. Non esiste autogoverno di una società locale espropriata delle elementari capacità di riprodursi, a partire dal governo delle proprie acque. L’evoluzione della partecipazione verso l’autogoverno richiede dunque l’attivazione di istituti partecipativi decisionali, stabili nel tempo, inclusivi di un ampio arco di attori sociali, che affrontino tutti gli aspetti del governo locale: dalla conoscenza e condivisione del valore dei giacimenti patrimoniali su cui fondare l’autosostenibilità dello sviluppo, alla definizione delle regole della loro trasformazione, alla costruzione di scenari di futuro condivisi dagli attori del processo, alla attuazione e gestione sociale degli scenari stessi.
Nuove economie solidali, nuovo benessere. Il “saper fare” per l’autosostenibilità si sta ricostruendo. Nelle pratiche dell’agricoltura biologica e tipica che produce beni ambientali e reti locali di produzione e consumo, nelle reti di economia solidale, nel consumo critico dei gruppi di acquisto solidale, nella finanza etica, nel riconoscimento dello scambio multiculturale e multietnico, nella ricostruzione dei saperi bioregionali e nelle pratiche di cura dell’ambiente e del territorio. Molti governi locali finalizzano i piani al benessere e al ben vivere anziché agli imperativi della crescita economica, valorizzando gli attori sociali e i produttori a valenza etica. Sulle nuove economie solidali si basa la costruzione del nuovo welfare municipale, di nuovi ruoli della contrattualità sindacale a livello della comunità territoriale.
Ricostruire cittadinanza. Il Nuovo Municipio è già in opera: pratiche di accoglienza municipale di immigrati che il governo espelle, costruzioni locali di statuti di riconoscimento multiculturale e di spazi pubblici, esperienze simboliche e pratiche per il diritto di voto agli immigrati, politiche socio urbanistiche per la città insorgente dei bambini, degli anziani, delle voci deboli della città: delle differenze di genere, di culture, di etnie.
Federalismo municipale. Al federalismo come devolution regionale, il Nuovo Municipio va rispondendo con la costruzione di reti municipali solidali e non gerarchiche, locali e internazionali, nell’ipotesi che il nucleo centrale della sovranità territoriale sia il municipio, che in forme di sussidiarietà cede potere da una parte alla società locale, dall’altra ai livelli di “locale di ordine superiore”. Dunque un percorso inverso di autocostruzione della sovranità municipale, attualmente in fase di progressiva liquidazione: dai comuni federati verso le province, le regioni, lo stato, l’Europa.
Su questi temi la Rete del Nuovo Municipio proporrà una riflessione pubblica nell’assemblea nazionale di Bologna del 13 novembre.
1Presidente dell'associazione "Rete del Nuovo Municipio".
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