Bilanci partecipativi e statuti comunali
di Luigi Meconi
Felice che il quotidiano il Manifesto abbia aperto una discussione sul tema dei piccoli Comuni.
Lo seguo da 25 anni. Vorrei fosse subito chiaro quanto continuamente raccomandato da tutti gli studiosi. Questo. I Comuni, piccoli o grandi che siano, costituiscono per l’italiano la base della sua identità. Come per il francese la Repubblica e per il tedesco la legge. Al punto che se i Comuni venissero meno, verrebbe meno la stessa unità italiana. In più, si sente spesso definire i Comuni come “Enti esponenziali della democrazia”.
Se questo è fondato, che dire del fenomeno dei servizi comunali esternalizzati, o dati al mercato tramite spa? Non importa se a capitale totalmente pubblico o, pubblico-privato? Chi governa chi? I mercati? O gli organi comunali? Si sta andando sul modello delle contee statunitensi; con i Comuni che diventano mera espressione geografica.
Gli strateghi di questo processo, con in prima fila il mercato e di fatto tutte le forze politiche, se si leggono i dati sui recenti tagli finanziari ai Comuni (si legga su Il Sole di lunedì 20 settembre), sono partiti dal loro punto più debole, i piccoli Comuni. Sanno che hanno l’80% del territorio nazionale. Che altro può significare l’abbandono di chi ha il governo dell’80% del territorio nazionale se non la conferma di cambiamenti epocali?
Per non parlare del micidiale attacco alla democrazia perpetrato con l’elezione diretta dei sindaci 11 anni fa e l’attribuzione agli stessi di poteri tali da fare impallidire quelli dei podestà fascisti.
I Consigli Comunali valgono ora come il due di picche. Ciò nonostante stanno ripetendo lo stesso modello nelle Regioni: elezione diretta dei ‘governatori’ e loro potere di scioglimento dei Consigli Regionali. Già messo, in prima lettura, nei nuovi Statuti regionali di Marche, Toscana, Emilia, Campania, ecc.
Come diavolo fanno certi partiti a dire peste e corna contro il premierato a livello nazionale e poi, a livello comunale prima e regionale ora, dare via libera alla decapitazione della democrazia consiliare? Hanno un bel scrivere i costituzionalisti, addirittura l’associazione dei costituzionalisti, che si sta abbandonando la democrazia. Che i partiti, tutti i partiti, abbiano perso la bussola?
Quando si perde questa bussola a livello comunale, e questa l’abbiamo persa dal 1993 con l’introduzione dell’elezione diretta dei sindaci, o dei super podestà, perché stupirsi se la gente, davanti a recenti scelte che editorialisti di fama hanno definito di regime, non reagisce?
Si vadano a leggere gli “statuta” dei liberi Comuni; dei c.d. Comuni-stato. Siamo nel 1300, 1400, 1500. Se veda la consistenza dei loro Gran Consigli. Si compari poi il numero dei loro Consiglieri con quello dei nostri Consigli Comunali. E i loro poteri con quelli dei nostri Consigli Comunali. Il numero elevato dei Consiglieri del Gran Consiglio in alcuni piccoli Comuni delle Marche nel 1500 ha o no un significato “partecipativo”? A Offida erano 100; 40 a Monsampolo; 65 a Monterubbiano; 75 a Force.
C’è un unico possibile paragone tra la “partecipazione” in questi Comuni-stato e oggi. E’ quanto si sta cercando di fare con il Bilancio Partecipativo dall’associazione della Rete del Nuovo Municipio. Cioè con l’ampliamento, negli enti locali, della democrazia diretta. Anche se, anche qui, si è diffusa la confusione tra rafforzamento dei momenti partecipativi meramente consultivi e momenti partecipativi a contenuto decisionale dei cittadini.
Non si può parlare di Bilancio Partecipativo se non c’è, negli Statuti Comunali, la restituzione di poteri decisionali, reali, ai cittadini. Poteri vincolanti gli organi di governo.
E’ sorprendente cogliere, dietro certi ripieghi, anche una sorta di paura della democrazia.
E’ sorprendente scoprire di quanto si sia impoverita nei nostri cittadini la forte identità di un tempo tra loro e il proprio Comune. Qui si parla di Comune in quanto realtà istituzionale. Altro è il loro legame con il territorio e le persone del proprio Comune. E’ un legame unico, inconfondibile, indelebile. Ma altro è oggi il rapporto tra questo cittadino e il palazzo municipale. E’ come se fosse un municipio finito in mano di altri.
Quanti hanno avuto modo di toccare con mano in che misura, elevata, le forze politiche, e le burocrazie, si sono come impossessate dei palazzi municipali?
E’ da questa constatazione che in Italia si va diffondendo il Bilancio Partecipativo. Il suo contenuto più originale è di essere un tentativo di ‘restituzione’ al cittadino di quello che un tempo era suo: il palazzo municipale. Palazzi tra l’altro bellissimi. Non a caso nel primo documento di una Carta, chiamata “Carta del Nuovo Municipio”, che sostiene il B.P., gli estensori hanno ricordato gli antichi statuti comunali.
Sempre che, si ripete, al cittadino si restituiscano poteri reali. In poche parole, ai cittadini, ai Quartieri, vanno restituiti poteri non meramente consultivi, ma decisionali. Poteri da mettere dentro gli Statuti Comunali. Quartieri che si autoregolamentano. Consigli Comunali che si interfacciano con il Consiglio del Bilancio Partecipativo; organo flessibile e revocabile in qualsiasi momento dei Quartieri.
Persa la democrazia municipale, l’estinzione dei Comuni ne è l’ovvia conseguenza. Non sarebbe la prima volta nella quasi millenaria storia comunale. Tornando a oggi, basta vedere quanto sta capitando ai piccoli Comuni. Sempre più meri luoghi geografici di territori lasciati in mano alle scorribande di mercati e dei loro manager.
A meno che? A meno che non ci sia, come detto, una forte iniezione di democrazia prima e, per i piccoli Comuni, il loro accorpamento. Non è vero che il forte campanilismo che ci troviamo impedisce ogni processo di accorpamento e di fusioni dei piccoli Comuni. Si provi a pensare, all’opposto, se, davanti ai reali rischi di estinzione, non sia proprio questo campanilismo che può dare loro la forza, ce ne vuole molta, per allearsi, fino a fondersi, con altri piccoli Comuni. E’ quanto si va verificando. I veri ostacoli sono, come dico sopra, la perdita di democrazia e l’arrivo del mercato, cioè della privatizzazione dei servizi di interesse generale o delle società di capitali, come principali regolatori della società civile.
23 sett. 2004. Luigi dr. avv. Meconi (segretario comune di Force)
Versione stampabile - PDF